L’inizio così e così, diciamo. Ci si aspettava qualcosa in più. E forse anche lui, Bryan Cristante, aveva aspettative più grandi. Ora, si dice...
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L’AVVIO
Tutta un’altra storia si stava raccontando il giorno del suo arrivo: qui per fare la mezz’ala dall’alto rendimento. Pian piano la storia è cambiata. A Torino è entrato nella ripresa, con l’Atalanta ha giocato un tempo (e male), col Milan gli ultimi 22 minuti (non un granché), poi titolare con il Chievo (qui il gol, una luce che ha tagliato in due l’ombra), così come a Bologna (54 minuti senza lasciare traccia, ma non era il solo). Col Frosinone unica gara tutta in panchina (oltre a quella di Madrid in Champions). La storia ricambia dal derby. Proprio nel momento della resurrezione, ha perso (per ora) la Nazionale. In questa sosta ha provato a cambiare marcia, lavorando, lavorando, lavorando. Di Francesco è convinto a dargli spazio sabato. Nel mondo di oggi, dove la realtà è social, Cristante appare un invisibile: non posta, non ci fa sapere che pasta mangia, né se si sta divertendo. Non fa i complimenti ai compagni per la vittoria né rilancia twittate o instagrammate di altri. Insomma, è un po’ asocial. Ma non è un problema, anzi. L’obiettivo è ripetere la stagione vissuta a Bergamo, anche per interrompere la maledizione che colpisce gli ex atalantini: bene lì, male altrove. Arrivato come erede di Nainggolan, sta pian piano provando a essere Cristante.
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Il Messaggero