Come tutte le attività economiche e soprattutto le trattative finalizzate alle acquisizioni ai tempi del Covid-19, anche la vendita della Roma si è fermata. E a...
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«L’affare al momento è ancora possibile? Sempre», ha detto ieri il presidente della Roma, Pallotta, cercando di puntualizzare le indiscrezioni riguardanti la fine della trattativa con il gruppo che fa capo al magnate texano Friedkin. A fine dicembre 2019, in occasione del contratto di esclusiva dato da Pallotta, assistito da Goldman Sachs, a Friedkin, quindi prima che scoppiasse la pandemia di coronavirus, il prezzo di cessione della società era di 704 milioni, al lordo del bond di 275 milioni emesso da una controllata della Roma, degli oneri per 60 milioni circa versati dall’attuale patron nell’ambito del progetto Stadio e delle tranche della ricapitalizzazione versate da Pallotta.
SVALUTAZIONE
Ora il valore della Roma sarà molto ma molto più basso e sotto i 600 milioni il venditore non potrebbe scendere. Ma se la trattativa dovesse rinascere, chissà quando, è sicuro che la società non potrà valere come prima perché troppe cose sono cambiate. Si pensi che il governo ha fatto una manovra di 25 miliardi, ne sta preparando un’altra almeno per una cifra analoga e in Europa è in corso un negoziato affinché si possano trovare risorse per aiutare tutti i paesi più bisognosi. E’ questo il contesto in cui vive lo sport, il calcio e si inserisce un cambio di proprietà che non può avvenire perché sono cambiati tutti i parametri. Che poi Pallotta voglia sempre vendere e Friedkin sarebbe sempre disponibile ad acquistare fa parte del gioco della domanda e dell’offerta: si deve trovare un punto di equilibrio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero