«Famiglia gay non è normale»: bufera su social manager di Federazione pugilistica. Il presidente Lai: «No a discriminazioni, prenderemo provvedimenti»

«La famiglia gay non è normale»: bufera sul social manager della Federazione pugilistica. Gay Center: intervenga Spadafora
«La famiglia è uomo e donna. Si chiama normalità». E' uno dei commenti firmati, oggi, su Facebook, dal social media manager della Federazione...

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«La famiglia è uomo e donna. Si chiama normalità». E' uno dei commenti firmati, oggi, su Facebook, dal social media manager della Federazione pugilistica italiana. Commenti venuti all'attenzione del Gay Center, che, con il suo portavoce chiede l'intervento del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora.


Postando un articolo del "Primato nazionale", di fatto house organ di Casapound (che titola "La Consulta boccia l'omogenitorialità: le coppie gay non sono famiglie"), l'addetto-giornalista della Federazione pugilistica, sul suo profilo Facebook,: "Attaccateve a stoc...". E, ancora: «A un bambino servono una padre e un padre. Io non discrimino nessuno, ma sono contro la società del 'è bono tutto'. Saluti romani».

Leggi anche:-> «Leggi contro omofobia vanno cambiate: non aiutano a denunciare»

«E' indegno che un dipendente di un ente pubblico possa usare espressioni di questo tipo - dice il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo (in foto) - offendendo, tra l'altro, le famiglie Glbt e le persone omosessuali. Chiediamo al ministro Spadafora, che è da sempre attento al tema anche in quanto ex Sottosegretario alle Pari opportunità, di intervenire contro queste affermazioni e valutando la rimozione di questo dipendente dal suo incarico. Commenti di questo tipo non sono tollerabili».


L'intervento di Vittorio Lai, presidente Fpi
 
«Abbiamo appreso - scrive Lai in una nota - da un comunicato stampa diffuso in tarda serata di un post attribuito a un nostro dipendente che contempla affermazioni discriminanti e a tratti anche offensive nei riguardi di chi vive la propria condizione umana nel pieno consesso civile. Nel rappresentare l’intera Federazione, atleti e dirigenti in qualità di presidente della FPI e unitamente a tutto il mondo pugilistico italiano prendo nettamente e con decisione le distanze da tali affermazioni e soprattutto da tali comportamenti discriminatori. Preciso che la Federazione Pugilistica Italiana è da sempre impegnata con testimonianze e attività di sensibilizzazione a tutela della famiglia e dei valori umani di tutti. Da sempre abbiamo messo in atto campagne sociali a favore dell’integrazione, a favore della difesa delle donne, a tutela delle vittime di ogni violenza, anche psicologica.

Nei confronti del bullismo e del cyberbullismo realizziamo con periodicità incontri, dibattiti con testimonial di grande spessore. Non possiamo sentirci coinvolti in dichiarazioni personali che non appartengono alla mission di questa Federazione e del Pugilato. Valuteremo immediatamente la posizione del nostro dipendente e prenderemo i provvedimenti più opportuni. Sia ben chiaro, infine, che questo accadimento non frenerà le nostre campagne sociali nel processo di divulgazione dei valori e principi che sono alla base della nostra disciplina.
 

                                         

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Il Messaggero