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E adesso, che ci pensi José. Suo è il regno, sua la potenza. Ormai ha anche assunto questa postura ieratica, vagamente papale e benedicente, e l’ispirazione gli arriva fin troppo naturale nella città del Vaticano. Non a caso si è già premurato di compiere la visita di prammatica in piazza San Pietro. Ma non vuole essere un antipapa, perché l’uomo è cattolicissimo. Lo diverte di più l’idea di un papa profano, un Conducator, una guida spirituale e un trascinatore di una tifoseria che aveva un bisogno vitale di una figura simile, lui lo sa benissimo. Così in due mesi Mourinho ha ipnotizzato Roma e la Roma, l’ambiente, i dirigenti, chi gli sta intorno. Ha fatto l’allenatore e il manager, l’organizzatore del lavoro suo e degli altri, si è costruito uno staff tutto nuovo. E quanto gli piace, far crescere la piantina con le sue mani. È la cosa che preferisce. Ha chiesto fiducia e l’ha ottenuta, con gli allenamenti, con i risultati che si vedono, con quattro o cinque tra interviste e conferenze stampa che lo hanno circondato di ammirazione, di rispetto. Insomma ha preparato il terreno. Per cosa? Risposta facile, ma la lasciamo a Massimo Moratti, il suo presidente all’Inter, che dice a Radio Kiss Kiss: «C’è anche la Roma per lo scudetto, anche se José non lo dirà mai. Lui non è uno che punta al terzo posto...». Solo che ora tocca a José, far crescere ancora la squadra, affinché anche certi sogni assumano una fisionomia reale, o realistica. Non è arrivato il centrocampista? Vuol dire che Diawara, Villar e Darboe dovranno moltiplicare gli sforzi per rendersi utili e necessari, da loro Mourinho (che però dubita) si aspetta un cambio di passo sul piano del temperamento, dell’intensità, della fede: solo così potranno tornare buoni per la causa. E gli altri, ora che la Roma sta uscendo allo scoperto, che non mollino un millimetro e proseguano il cammino, che diano molto di più, perché la battaglia è iniziata sul serio. Ha bisogno di soldati, di gente che vada oltre i limiti.
O LO AMI O TE NE VAI
L’esercito perfetto di José è un manipolo di mezzi matti e felici di esserlo, disposti a tutto, perché con lui si cresce e si vince, anche tra la sorpresa degli altri, anzi meglio.
Il Messaggero