L'Aquila rugby di Ghizzoni e Mascioletti non vola più

L'Aquila rugby di Ghizzoni e Mascioletti non vola più
L'AQUILA Ora è ufficiale: il mito del rugby aquilano è definitivamente tramontato, dopo anni di agonia. L'Aquila Rugby Club, diretta emanazione della storica...

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L'AQUILA Ora è ufficiale: il mito del rugby aquilano è definitivamente tramontato, dopo anni di agonia. L'Aquila Rugby Club, diretta emanazione della storica società fondata nel 1936 capace di vincere cinque scudetti, non parteciperà al prossimo campionato di serie A. Lo ha annunciato lo stesso club con una nota che anticipa anche la decisione della Federazione, che aveva stoppato i calendari e ammesso la società con riserva, in attesa di capire la reale condizione difficoltà economica. A lenire il dolore di una città che assiste attonita alla sparizione delle sue realtà sportive (è accaduto, in questa estate maledetta, anche al calcio) la presenza nel prossimo campionato di serie A di un'altra compagine aquilana, neonata, l'Unione Rugby L'Aquila, frutto della fusione tra Polisportiva L'Aquila, Gran Sasso, Vecchie Fiamme e L'Aquila Neroverde. Lo sconcerto è evidente, a maggior ragione nella città che intercetta centinaia di milioni di euro all'anno per la ricostruzione post terremoto e che, caso unico e raro nella storia delle calamità naturali, neanche in virtù di questo è riuscita a dare una prospettiva alle sue società sportive di vertice.

«Abbiamo tentato ogni sforzo, fino alla fine hanno scritto i dirigenti dell'Aquila Rugby Club -. Abbiamo iscritto la squadra al campionato, ma adesso non siamo più in condizione di andare avanti e il nostro senso di responsabilità ci impone una scelta dolorosa che ci fa prendere atto della realtà. Abbiamo ereditato una responsabilità impegnativa dopo la scomparsa di Mauro Zaffiri. Eppure abbiamo scelto di proseguire nonostante le difficoltà, malgrado le ostilità, nonostante il discredito su un debito sovrastimato che ci ha prodotto ostacoli. Siamo andati avanti lo stesso. Lo abbiamo fatto per gli atleti e per le loro famiglie raccogliendo il loro appello a non mollare». Negli occhi e nel cuore di tutti gli appassionati c'è la storia gloriosa di una squadra divenuta mitica con il passare degli anni, capace di identificarsi in maniera simbiotica con la città, divenendone simbolo e sostanza. C'è la finale di Padova, il 22 aprile del 1994, quando i neroverdi di fronte a uno stadio interamente aquilano sconfissero la corazzata Milan, dell'allora presidente Berlusconi, sovvertendo ogni pronostico. Era il rugby pane e frittata, di una squadra composta quasi interamente da aquilani che giocavano, appunto, per un tozzo di pane. Erano i tempi di Mascioletti, Ghizzoni, Troiani, di Visser e Gerber, del presidente Pietrosanti, di una città in festa. Da allora un lento, inesorabile declino, emblema di un territorio che non riesce a rialzarsi dopo il sisma. Ieri il sindaco, Pierluigi Biondi, ha detto che «occorre una riflessione», ma che « il rugby non scompare da questa città, cambia solo forma»: «Ciò che accade oggi addolora e affligge tutti gli sportivi, ma non stupisce. I cambiamenti vanno elaborati, assorbiti e compresi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero