Dove eravamo rimasti? Ah, certo: primi di ottobre, Juventus Stadium, esibizione di Rocchi & roll, rigori inventati, gol in fuorigioco, polemiche. Cinque mesi dopo, Roma ancora...
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Confronto per forza di cose equilibrato, a ben vedere. Olimpico con il fiato sospeso ogni volta che la palla transitava nei piedi degli uomini di Allegri e invece con il cuore aperto alla speranza se a giocare la sfera era Totti o uno dei suoi. Più palpiti che emozioni, insomma. Con la percezione costante che qualcosa, prima o poi, dovesse accadere. L'espulsione di Torosidis, appunto. E subito dopo la magia di Tevez. Una punizione perfetta, dritta al cuore della Roma. Juve a più 12, con Allegri unico tesserato juventino a non esser andato ad abbracciare l'argentino. Come se sapesse già tutto. Come se avesse previsto tutto. E l'ultima spiaggia per la Roma? Un miraggio, a quel punto. Perché per vincere le partite, o anche solo per non perderle e continuare a sperare, c'è un modo semplicissimo: tirare in porta. E la Roma, ieri sera, ha atteso una vita prima di farlo. Quando ha cominciato, non a caso è riuscita a recuperare il risultato, nonostante l'uomo in meno. Vistosi persa, e non avendo più nulla da difendere, la squadra di Garcia ha buttato via tutte le paure e ha mostrato quella faccia cattiva che i suoi tifosi tanto adorano. È andata all'assalto del nemico e, se non altro, ha salvato la baracca. Senza riuscire, però, a staccarsi da quel meno 9 che lascia tutto com'era. E che per la Roma non era, e non è, una bella cosa.
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Il Messaggero