Woody Allen e Amazon, pace fatta Il regista ritira la causa da 68 milioni

Woody Allen
Woody Allen e Amazon studios siglano la pace mettendo fine alla causa da 68 milioni di dollari che il regista aveva intentato in febbraio alla società per aver cancellato...

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Woody Allen e Amazon studios siglano la pace mettendo fine alla causa da 68 milioni di dollari che il regista aveva intentato in febbraio alla società per aver cancellato il contratto per la produzione e distribuzione di quattro suoi film, compreso A Rainy Day in New York con Selena Gomez e Timothee Chalamet, poi fatto circolare in Italia da un altro distributore. I termini dell’accordo non sono noti. Secondo il sito Deadline, secondo i legali andando avanti con la causa «alla fine non ci sarebbero stati vincitori».


Il regista aveva accusato la compagnia di Jeff Bezos di aver «cercato scuse per la sua azione facendo riferimento alle accuse senza senso vecchie di 25 anni. Accuse note ad Amazon e al pubblico prima dell’intesa». Ma la società aveva replicato che la sua decisione era legata a nuove accuse contro Allen di aver molestato la figlia adottiva Dylan Farrow quando aveva sette anni, ai suoi controversi commenti sul movimento #Metoo e al crescente rifiuto di grandi star a lavorare o ad essere associate con lui, come Greta Gerwig, Rebecca Hall, Timothèe Chalamet e Colin Firth. Tutti elementi che avevano spinto gli editori a rifiutare anche il libro di memorie dell’autore di Manhattan. Le accuse di molestie erano state rilanciate dalla stessa Dylan in alcune interviste, anche se il regista le ha sempre negate e non sono mai state provate in tribunale.

Il premio Oscar aveva espresso perplessità anche sul movimento #Metoo, mettendo in guardia contro «un’atmosfera da caccia alle streghe» in cui «qualsiasi uomo in un ufficio che strizza l’occhio a una donna deve improvvisamente chiamare l’avvocato». Per il colosso di Bezos, «alla luce di un contesto più ampio, le azioni di Allen e le loro conseguenze a cascata hanno fatto sì che Amazon non avrebbe mai potuto ricevere i benefici dell’accordo pluriennale», giustificando la rottura del contratto. Ma ora a prevalere è il «lieto fine».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero