Ma la sete di Montalbano non va placata con le repliche

Ma la sete di Montalbano non va placata con le repliche
Delle molte possibili declinazioni di spending review, il dialetto del Commissario Montalbano sembra aver scovato la traduzione più efficace. Dopo il trionfo di share dei...

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Delle molte possibili declinazioni di spending review, il dialetto del Commissario Montalbano sembra aver scovato la traduzione più efficace. Dopo il trionfo di share dei primi due nuovi episodi dell’undicesima stagione, Rai Uno ha infatti scongelato una puntata dello scorso anno. Sfiorando lunedì sera - con una replica arata come di consueto da cospicue e remunerative interruzioni pubblicitarie - un lunare 40 per cento di ascolti. A costo zero e segno più garantito. Oltre tre volte il risultato conseguito da American Sniper di Clint Eastwood, il cui cecchino, dalla barricata di Canale 5, pur in prima visione, non riusciva neanche a inquadrare nel mirino la nemica televisiva di sempre.


Nel magnifico film del vecchio Clint si sostiene che al mondo ci siano tre tipi di persone: le pecore, i lupi e i cani da pastore. I dirigenti Rai, iscritti d’ufficio e a seconda delle circostanze alla seconda come alla terza categoria, hanno trovato la maniera di radunare il gregge e di farlo marciare ordinatamente verso il fine unico: sistemare i conti, non perdere porzioni di mercato, giocare quando serve - e in questo caso evidentemente serviva - sull’equivoco. Si lancia a dovere la nuova serie di Montalbano e poi, sfruttate la forza propulsiva del battage promozionale, l’abitudine del pubblico e un certo immobilismo - complice l’anagrafe - del telecomando, si vive di rendita per mesi con la carta carbone di un prodotto largamente apprezzato, con l’usato sicuro, con la poetica del “non esiste niente di più inedito dell’edito”.

Nell’anno del canone in bolletta, dirà qualcuno, dalla tv di Stato e dal Servizio Pubblico ci si potrebbe attendere di più e non solo in termini di chiarezza espositiva. «Il pubblico sceglie!» risponderanno dall’altra parte, sventolando risparmi, ricavi e guadagni certi di essere - almeno in questo - in perfetta corrispondenza con lo spirito dei tempi. Il ragionamento è elementare: «Se Pretty Woman inchioda al teleschermo due milioni di anime anche al millesimo passaggio, a ritrasmettere un Montalbano appena stagionato, in fondo, che male c’è?». A vedere Montalbano, secondo l’Auditel, di milioni l’altra sera ce n’erano più di nove.


Numeri che oltre a certificare una consuetudine, fotografano un bisogno. Un’urgenza. Una sete. Anche di domande. È possibile pensare di dissetarsi programmaticamente all’ombra di una fiction di qualità che occupi stabilmente il palinsesto televisivo della Rai con produzioni di alto livello che si spingano oltre l’orizzonte delle due puntate - anche geograficamente affini - che affrontavano le indagini di Luca Zingaretti e quelle di un coraggioso pescatore di Portopalo? È pensabile che l’orizzonte della più grande azienda culturale del Paese sia più ampio di un ciclico cambio di governo? È auspicabile che in luogo di una ripetizione ci sia una nuova partenza, magari al galoppo e senza piccole astuzie di contrabbando, del cavallo di Viale Mazzini?

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Il Messaggero