Sanremo 2020, Jesto difende Junior Cally: «Il rap è provocazione»

 Videointervista di Veronica Cursi Ha voluto rompere con il passato, offrendo al suo pubblico qualcosa di...

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 Videointervista di Veronica Cursi


Ha voluto rompere con il passato, offrendo al suo pubblico qualcosa di "indigesto". Ed è proprio "IndieJesto", il titolo del nuovo progetto di Jesto, 37 anni, figlio del cantautore Stefano Rosso, scaturito da una crescita artistica e personale, già maturata in parte con il precedente album "Buongiorno Italia" (2018), nel quale per la prima volta Jesto ha mescolato chitarre e sintetizzatori, mandolini e 808.
Con “IndieJesto” l’abbandono delle sonorità hip-hop è dichiarato. «Il rap mi aveva stufato, avevo bisogno di essere stimolato. Questo è il mio primo disco d'amore: un progetto frutto della spontaneità, concepito in un weekend in campagna tra il fuoco del camino ed i bicchieri di vino»».

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A  proposito di rap cosa ne pensa della partecipazione di Junior Cally a Sanremo?
«Il mainstream italiano vorrebbe una versione edulcorata del rap, ma il rap è così: senza filtri. Eminem andò a Sanremo con dei testi molto forti. Il rap è volutamente provocatorio, serve anche per trattare certi temi. L'esclusione di Junior Cally è un'esagerazione. Se chiami dei rapper puoi aspettarti anche questo: non puoi volere i rapper in una versione pulita, altrimenti continuassero a fare Sanremo solo con il pop».

Ma il rap non potrebbe denunciare senza utilizzare un linguaggio violento?
«Certo, i rapper non sono tutti uguali. Nei mie testi ci sono provocazioni, ma io utilizzo sempre l'ironia. Dipende dal modo in cui dici cosa: puoi parlare di tutto, violenza, immigrazione, razzismo, ma come ne parli fa la differenza. Di sicuro non sopporto la censura,

E a Sanremo lei ci andrebbe?
«Perchè no, se dovessi andare al Festival però vorrei un pezzo che accendesse qualche lampadina, non un brano d'amore: Il Festival è un palcoscenico che offre tanta visibilità l'artista ha anche il dovere di portare dei messaggi».

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Il Messaggero