Live Aid, compie 35 anni il più grande concerto per solidarietà

Il 13 luglio del 1985 le star del pop e del rock internazionale si ritrovarono al Wembley Stadium di Londra e al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia per una maratona musicale...

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Il 13 luglio del 1985 le star del pop e del rock internazionale si ritrovarono al Wembley Stadium di Londra e al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia per una maratona musicale lunga sedici ore pensata per raccogliere fondi per combattere la fame in Etiopia. Dai Queen agli Who, passando per Elton John, gli Wham! (nel pieno del loro fulgore), Madonna, Paul McCartney, i Led Zeppelin, Tina Turner, Bob Dylan e i Rolling Stones (ma divisi: da un lato Mick Jagger solista, dall'altro Keith Richards e Ron Wood), solo per citare alcuni dei protagonisti. Inutile girarci intorno: il "Live Aid" fu uno spettacolo sensazionale e senza precedenti, che a distanza di trentacinque anni continua ad essere celebrato e tirato in ballo quando si tratta di organizzare e presentare eventi simili quantomeno nelle intenzioni (comprese alcune delle staffette virtuali messe in piedi in piena pandemia, come "One World" di Lady Gaga, che con l'originale "Live Aid" - a parte il cast stellare - ha avuto in realtà ben poco a che vedere). 


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La menti dell'operazione furono Bob Geldof dei Boomtown Rats e Midge Ure degli Ultravox, che prima dell'evento del 13 luglio 1985 avevano già promosso altre iniziative per raccogliere soldi per combattere la fame in Etiopia, come il progetto Band Aid, superband composta da membri degli U2, Genesis, Duran Duran, Spandau Ballet e Police - tra gli altri - che nel dicembre del 1984 aveva pubblicato il singolo benefico "Do they know it's Christmas?" (con i contributi di David Bowie, Boy George e Paul McCartney). All'evento (doppio) assistettero oltre 160mila persone: 72mila furono le presenze al Wembley Stadium di Londra, 90mila quelle al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia. La staffetta raccolse un totale di 150 milioni di sterline, ma per anni gli ideatori dovettero fare i conti con voci secondo le quali i due trattennero parte dei proventi del progetto, senza davvero devolverli in beneficenza, malignità più volte smentite dai diretti interessati.

A Londra suonarono Status Quo, Style Council, Boomtown Rats, Adam Ant, Ultravox, Spandau Ballet, Elvis Costello, Nik Kershaw, Sade, Sting, Howard Jones, Paul Young, U2, Dire Straits, Queen, David Bowie, Who, Elton John, Wham!, Paul McCartney, Band Aid. A Philadelphia si alternarono sul palco Bernard Watson, Joan Baez, The Hooters, The Four Tops, Billy Ocean, Black Sabbath, Run-DMC, Rick Springfield, REO Speedwagon, Crosby, Stills e Nash, Judas Priest, Bryan Adams, Beach Boys, George Thorogood and the Destroyers, Bo Diddley, Albert Collins, Simple Minds, The Pretenders, Santana, Ashford and Simpson, Madonna, Tom Petty, Kenny Loggins, The Cars, Neil Young, Power Station, Thompson Twins, Eric Clapton, Duran Duran, Patti LaBelle, Hall & Oates, Eddie Kendricks, David Ruffin, Mick Jagger, Tina Turner, Bob Dylan, Keith Richards e Ron Wood e gli USA for Africa diretti da Lionel Richie. Ci fu anche chi si esibì da altre location: gli INXS a Melbourne, i Loudness in Giappone, gli Opus in Austria, B.B. King a L'Aia. E ci fu anche chi prese un concorde dal Regno Unito agli Usa per poter suonare su entrambi i palchi: Phil Collins. 

Tra le varie esibizioni memorabili di quella giornata vanno menzionate sicuramente quella dei Led Zeppelin (si riunirono per l'occasione, accompagnati da Phil Collins e Tony Thompson alla batteria), quella di Bryan Ferry accompagnato alla chitarra da David Gilmour dei Pink Floyd, quella degli U2 (già solida realtà del rock grazie ad album come "Boy", "October", "War" e "The unforgettable fire" - un paio di anni dopo avrebbero spedito nei negozi "The Joshua Tree"), quella di David Bowie (fece ascoltare anche "Rebel rebel" e "Heroes"). E naturalmente quella dei Queen sulle note di successi come "Bohemian Rhapsody", "Radio Gaga", "Hammer to fall", "Crazy little thing called love", "We will rock you" e "We are the champions": una performance così leggendaria da rappresentare forse l'apice della carriera di Freddie Mercury e dei suoi compagni di band (ricordata peraltro anche nel film di Bryan Singer dedicato alla vita del cantante, interpretato dal bravissimo Rami Malek, grande successo al botteghino tra il 2018 e il 2019). 


Ma oggi, a distanza di trentacinque anni, nell'era dei social (con una pandemia che ha reso ancora più liquida la musica e l'ha spinta ad approfondire il rapporto con i social e il web più in generale - basti pensare alla quantità di festival musicali virtuali organizzati in questi mesi), un evento della portata del "Live Aid" sarebbe fattibile? Bob Geldof è scettico e punta il dito proprio contro la rete: "Avevamo alle nostre spalle una enorme lobby: 1,2 miliardi di persone, il 95% dei televisori sulla Terra si collegò a quel concerto. Il rock and roll è stato il fulcro centrale della nostra cultura per 50 anni. Oggi la rete ha portato il mondo all'individualismo", ha riflettuto l'ideatore dello show in una recente intervista concessa alla radiotelevisione canadese. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero