Cucinare, rammendare, mandare avanti la casa con abnegazione e senza mai lamentarsi, gestire i risparmi della famiglia preoccupandosi delle esigenze degli altri ma non delle...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
E quale sarebbe?
«È il messaggio. Fa capire da dove nasce il femminismo, spiega agli spettatori che un movimento come #MeToo non spunta dal nulla».
Cosa c'è stato all'origine?
«La ribellione di tante donne che la società obbligava ad essere perfette e che gli uomini, impauriti dalla loro libertà, mettevano in una gabbia fisica ed emotiva. La bonne épouse è un film femminista ma nel senso buono, cioè senza essere radicale».
Ma esistevano davvero le scuole per diventare perfette donne di casa?
«Certo. Ne ho sentito parlare da mia nonna che fu costretta a frequentarne una in Svizzera prima di sposare mio nonno, di classe sociale più elevata della sua. Il loro matrimonio finì con il divorzio e la nonna fu costretta a fare la sarta per vivere. E tutto questo, attraverso sua figlia che è poi mia madre, ha avuto un riflesso su di me».
In che modo?
«La mamma ha inculcato a me, come a mia sorella, il concetto che una donna deve essere indipendente. Era una borghese tutt'altro che tradizionalista. Apparteneva ad una generazione di donne che, dopo la guerra, si sono ritrovate senza nulla e hanno imparato a rimboccarsi le maniche per non dipendere da nessuno».
Nell'ultima scena del film, lei balla e canta marciando su Parigi alla testa delle sue allieve e nominando insieme con loro i nomi delle donne che hanno segnato la svolta femminista della società.
«È vero, è un momento gioioso e per questo scandisco i nomi di Simone De Beauvoir, Marilyn Monroe, Frida Kahlo... Sono stata io a suggerire questa scena al regista».
Ma Marilyn, da sempre considerata l'oggetto del desiderio maschile, non rappresenta l'opposto della donna emancipata?
«No, sono gli altri ad aver fatto di lei un oggetto sessuale. In realtà la Monroe ha liberato la sensualità di cui l'amore non può fare a meno».
A che punto è La maison vide, il film di André Techiné che dovrebbe interpretare al fianco di Alain Delon?
«È sospeso a causa dei problemi di salute di Alain. Ma nel frattempo non sto con le mani in mano. Dopo La verità di Hirozaku Kore-eda ho girato Le quiai de Ouistreham di Emmanuelle Carrière sulle dure condizioni delle donne delle pulizie. E a breve negli Stati Uniti comincerò le riprese di Paradise Highway, l'opera prima della regista Anna Gutto».
Ma non aveva deciso di chiudere con il cinema americano?
«Sono fuggita da Hollywood, è vero, ma ho accettato questo film che denuncia la piaga dei bambini rapiti e poi venduti per essere destinati alla prostituzione. In America le vittime sono già 5 mila. Io interpreto una camionista che trasporta i piccoli rubati. Una storia fortissima e un personaggio sconvolgente a cui non ho potuto dire di no. Non siamo noi attori a scegliere i ruoli, ma i ruoli stessi ad imporsi a noi».
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero