«Raoul ha una sua vita autonoma. Lo frequento da dieci anni. Più che uno spettacolo è un mio compagno di vita». James Thierrée, 45 anni, mago...
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Intanto lo porta in tournée «sempre diverso» ed è in prima nazionale per Romaeuropa Festival, al Teatro Argentina (repliche fino 6 ottobre). «Finalmente qui. Roma per me è l’infanzia, il circo, l’avventura dei miei genitori, ricordi di lunghi tour che attraversavano l’Italia. E infatti, imparai da piccolissimo la vostra lingua. Ma quando facevamo tappa nella Capitale era una festa: ho memorie precise del Teatro Tenda, del Vittoria a Testaccio. Tornare è un’emozione profonda».
Nipote di Charlie Chaplin, ha vissuto nel mondo del circo dall’età di quattro anni insieme con i suoi genitori, Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thiérrée, creatori del Cirque Bonjour e del Cirque imaginaire. «Mi sono sempre domandato, e mi hanno sempre domandato, che cosa rappresentasse per la famiglia, la mia famiglia. Oggi rispondo, serenamente, di considerarla come un lago dove devi imparare a nuotare. Antenati e nipoti, non esistono linee genealogiche verticali, ma cerchi, come onde, e dentro ci si sta tutti insieme, a “bagno” tra eredità passate e proiezioni future».
Attore, danzatore, scenografo e acrobata, oltre che nei suoi spettacoli personali di circo e di strada, lavora anche nel cinema e in teatro: «Parlando del mio lavoro, spesso si usa il termine “nuovo circo”. Definizioni amate più dai promotori che dagli artisti: ormai vecchie. Io vengo dalla pantomima, tradizione antica, dalla danza che mi ha trasmesso mia madre, le arti circensi che ho appreso da papà, dal Piccolo di Milano dove ho studiato, il cinema, un crossroad di culture che non si può ridurre in un termine. Raoul è semplicemente una proposta teatrale, dove è il corpo a mandare avanti la narrazione».
Solo in scena, Thierrée diventa un uomo e il suo doppio, affondando nell’intimità a passo di danza, poesia, acrobazie. «Il confronto tra le diverse identità, io lo racconto con il corpo. Un’ora e mezza con il pubblico addosso, senza filtri. Dopo anni, Raoul è cambiato, ma continua a rappresentare un iceberg, con una parte emersa e un’altra sommersa. E, come succede a ognuno di noi, il suo, e il mio tentativo, è quello di fari sì che entrambe le parti riescano a esprimersi».
Uno spettacolo onirico, visuale, ma «non virtuale», dice, «io amo tutto quello che è fatto a mano. I video possono essere fantastici, ma in scena spesso uccidono il corpo dell’attore».
E ricorda: «Mi è capitato di far parte della giuria di film in realtà virtuale.
Il Messaggero