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«Un omaggio appassionato a quelle atmosfere eleganti, sornione e divertite della Las Vegas a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, dove Dean Martin e Frank Sinatra erano i protagonisti, e allo swing, stile che ancora oggi ha una grande vitalità e una grande energia»: cosi Claudio Gregori, in arte Greg, romano, annata 1963, musicista, attore, cantante e leader di tante band, riassume A Swingin’ Affaire, album appena uscito che ripropone due dozzine di brani d’annata riveduti e corretti per l’occasione e in alcuni casi con i testi tradotti in italiano dallo stesso Greg. Sono canzoni che ormai fanno parte della memoria collettiva, frammenti incancellabili della storia della musica americana e internazionale, del jazz e soprattutto dello swing, ritmo implacabile e coinvolgente nato negli anni venti e trenta e portato nel mondo intero da big band come quelle di Duke Ellington, Count Basie, Benny Goodman, Glenn Miller e compagni e da interpreti come Sinatra, Martin, Ella Fitzgerald e via di questo passo.
Un'operazione da vecchio swing
L’operazione realizzata da Gregori nel ruolo del crooner e dalla band Fat Bones diretta dal trombonista e arrangiatore Massimo Pirone (sono solo sette compreso Pirone, ovvero i trombonisti Palmiro Del Brocco, Federico Proietti e Dino Gnassi, Alessandro Bonanno al piano Hammond, il chitarrista Alfredo Bochicchio e il batterista Massimiliano Delucia, però sembrano un’intera e numerosa big band, nella quale il ruolo del contrabbasso è affidato all'Hammond di Bonanno) è raffinata e di notevole eleganza ma anche trascinante, l’ha curata il produttore Francesco Comunale e recupera assai bene e con molto buongusto il clima e il fascino delle performance di sessanta o settanta anni fa, ma con sonorità pulite e al passo coi tempi, e soprattutto non perde mai di vista le sacre regole del buon vecchio swing.
I brani dell’album? Si va da Ory’s Creole Trombone (pezzo storico della vecchia New Orleans) alla Moonlight Serenade resa celebre da Glenn Miller, da Something dei Beatles a uno dei cavalli di battaglia di Sinatra, I’ve Got Under My Skin, da classici come More, After You’ve Gone, Heidi e I’m Getting Sentimental Over You ai cinque pezzi che accanto alla versione originale offrono le avventurose traduzioni in italiano di Greg, citate tra parentesi.
Scherzose traduzioni italianizzate
«Ho fatto quelle scherzose traduzioni – dice Greg – per tante ragioni, soprattutto perché certe canzoni sono famose e in Italia molti le canticchiano conoscendo a memoria le parole ma senza capirne il sìgnificato. Nella nostra lingua le parole sono quasi sempre piane, mentre in inglese è il contrario e offrono possibilità molto più musicali. Così ho provato a italianizzarle, naturalmente divertendomi e con la giusta dose di ironìa».
Potete trovare il disco nei negozi o sulle piattaforme digitali, e vi consigliamo di ascoltarlo perché offre buona musica, tanto entusiasmo e un genere che oggi sembra, ma erroneamente, ormai passato di moda. Chi è adulto ricorda lo swing di Lelio Luttazzi, Fred Buscaglione, Nicola Arigliano, Johnny Dorelli, Fred Bongusto, Bruno Martino, Gorni Kramer, chi è ancora più adulto o magari vecchio conosce lo swing detto “all’italiana” di Alberto Rabagliati, del Trio Lescano, di Natalino Otto, Ernesto Bonino e colleghi. Erano belle avventure, il tentativo di portare nella penisola certi sapori americani arrivati a Napoli alla fine della seconda guerra mondiale, quando, tanto per dirne una, sbarcò a Partenope con le truppe statunitensi il futuro papà del grande James Senese, o ancora, per dirne un’altra, un Renzo Arbore futuro clarinettista e ancora ragazzino si divertiva a sentire lo swing dei soldati americani che erano anche musicisti dilettanti e la sera frequentavano i night club della città.
Lo swing e la sua storia
Sì, lo swing è un pezzo importante della storia della musica, e tributargli un omaggio è un gesto quasi da medaglia d’oro. It Don't Mean a Thing If It Ain't Got That Swing, non significa niente se non ha quello swing: lo diceva il grande Duke Ellington nell’omonimo e leggendario brano, scritto sul testo di Irving Mills nel lontano 1931, suonato nel corso degli anni da centinaia di musicisti sia del jazz che di altri generi, da Django Reinhardt e Stéphane Grappelli a Thelonious Monk, Ella Fitzgerald, Nina Simone, Carmen McRae, Betty Carter, Tony Bennett e mille altre star, per arrivare persino Lady Gaga. Beh, saranno passati novant’anni dalla nascita di quel pezzo, ma è d’obbligo ripetere per l’ennesima volta che il Duca, scomparso nel 1974, aveva perfettamente ragione: anche oggi se non c'è swing sono solo dolori.
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Il Messaggero