Greg & Fat Bones Band, un omaggio appassionato allo swing che 70 anni fa regnava negli Usa

Greg & Fat Bones Band, un omaggio appassionato allo swing che 70 anni fa regnava negli Usa
di Fabrizio Zampa
5 Minuti di Lettura
Lunedì 12 Aprile 2021, 18:20 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 21:40

«Un omaggio appassionato a quelle atmosfere eleganti, sornione e divertite della Las Vegas a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, dove Dean Martin e Frank Sinatra erano i protagonisti, e allo swing, stile che ancora oggi ha una grande vitalità e una grande energia»: cosi Claudio Gregori, in arte Greg, romano, annata 1963, musicista, attore, cantante e leader di tante band, riassume A Swingin’ Affaire, album appena uscito che ripropone due dozzine di brani d’annata riveduti e corretti per l’occasione e in alcuni casi con i testi tradotti in italiano dallo stesso Greg. Sono canzoni che ormai fanno parte della memoria collettiva, frammenti incancellabili della storia della musica americana e internazionale, del jazz e soprattutto dello swing, ritmo implacabile e coinvolgente nato negli anni venti e trenta e portato nel mondo intero da big band come quelle di Duke Ellington, Count Basie, Benny Goodman, Glenn Miller e compagni e da interpreti come Sinatra, Martin, Ella Fitzgerald  e via di questo passo.

 

Un'operazione da vecchio swing

L’operazione realizzata da Gregori nel ruolo del crooner e dalla band Fat Bones diretta dal trombonista e arrangiatore Massimo Pirone (sono solo sette compreso Pirone, ovvero i trombonisti Palmiro Del Brocco, Federico Proietti e Dino Gnassi, Alessandro Bonanno al piano Hammond, il chitarrista Alfredo  Bochicchio e il batterista Massimiliano Delucia, però sembrano un’intera e numerosa big band, nella quale il ruolo del contrabbasso è affidato all'Hammond di Bonanno) è raffinata e di notevole eleganza ma anche trascinante, l’ha curata il produttore Francesco Comunale e recupera assai bene e con molto buongusto il clima e il fascino delle performance di sessanta o settanta anni fa, ma con sonorità pulite e al passo coi tempi, e soprattutto non perde mai di vista le sacre regole del buon vecchio swing.

I brani dell’album? Si va da Ory’s Creole Trombone (pezzo storico della vecchia New Orleans) alla Moonlight Serenade resa celebre da Glenn Miller, da Something dei Beatles a uno dei cavalli di battaglia di Sinatra, I’ve Got Under My Skin, da classici come More, After You’ve Gone, Heidi e I’m Getting Sentimental Over You ai cinque pezzi che accanto alla versione originale offrono le avventurose traduzioni in italiano di Greg, citate tra parentesi. Sono It Happened in Monterey (Accadde a Monterei), Ain’t That ìa Kick in the Head (Love Story di rango B), Music to Watch Girls by (Quel ritmo che scuote il cuore), Gentle on My Mind (Tempi immemori) e The Best Is Yet to Come (Il meglio vien tra un po’).

Scherzose traduzioni italianizzate

«Ho fatto quelle scherzose traduzioni – dice Greg – per tante ragioni, soprattutto perché certe canzoni sono famose e in Italia molti le canticchiano conoscendo a memoria le parole ma senza capirne il sìgnificato.

Nella nostra lingua le parole sono quasi sempre piane, mentre in inglese è il contrario e offrono possibilità molto più musicali. Così ho provato a italianizzarle, naturalmente divertendomi e con la giusta dose di ironìa».

Potete trovare il disco nei negozi o sulle piattaforme digitali, e vi consigliamo di ascoltarlo perché offre buona musica, tanto entusiasmo e un genere che oggi sembra, ma erroneamente, ormai passato di moda. Chi è adulto ricorda lo swing di Lelio Luttazzi, Fred Buscaglione, Nicola Arigliano, Johnny Dorelli, Fred Bongusto, Bruno Martino, Gorni Kramer, chi è ancora più adulto o magari vecchio conosce lo swing detto “all’italiana” di Alberto Rabagliati, del Trio Lescano, di Natalino Otto, Ernesto Bonino e colleghi. Erano belle avventure, il tentativo di portare nella penisola certi sapori americani arrivati a Napoli alla fine della seconda guerra mondiale, quando, tanto per dirne una, sbarcò a Partenope con le truppe statunitensi il futuro papà del grande James Senese, o ancora, per dirne un’altra, un Renzo Arbore futuro clarinettista e ancora ragazzino si divertiva a sentire lo swing dei soldati americani che erano anche musicisti dilettanti e la sera frequentavano i night club della città.

Lo swing e la sua storia

Sì, lo swing è un pezzo importante della storia della musica, e tributargli un omaggio è un gesto quasi da medaglia d’oro. It Don't Mean a Thing If It Ain't Got That Swing, non significa niente se non ha quello swing: lo diceva il grande Duke Ellington nell’omonimo e leggendario brano, scritto sul testo di Irving Mills nel lontano 1931, suonato nel corso degli anni da centinaia di musicisti sia del jazz che di altri generi, da Django Reinhardt e Stéphane Grappelli a Thelonious Monk, Ella Fitzgerald, Nina Simone, Carmen McRae, Betty Carter, Tony Bennett e mille altre star, per arrivare persino Lady Gaga. Beh, saranno passati novant’anni dalla nascita di quel pezzo, ma è d’obbligo ripetere per l’ennesima volta che il Duca, scomparso nel 1974, aveva perfettamente ragione: anche oggi se non c'è swing sono solo dolori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA