In Francia sono attualmente in produzione 769 film, una dozzina in meno rispetto al 2018, ma la cifra è comunque elevatissima. Sono 246 le opere prime e tantissime le...
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A cosa è dovuto il calo delle esportazioni?
“All’assenza di film-locomotiva, capaci di trainare il resto della produzione. E’ un momento difficile, ma non siamo preoccupati più di tanto: ci riprenderemo”.
Quali film vi hanno dato maggiori risultati al di fuori della Francia?
“Taxxi 5”, “C’est la vie”, “Belle e Sébastien”, “La villa”.
Cosa pensate di Netflix e dei giganti dello streaming che stanno facendo concorrenza alle sale?
“Bisogna superare la guerra. E lavorare insieme per trovare un nuovo modello. Le sale devono assolutamente essere salvaguardate come luogo privilegiato per vedere i film: a Parigi ne sono state appena aperte tre nuove. Ma non si può ignorare che i tempi sono cambiati e i film si vedono anche sulle piattaforme. Il 10-15 per cento dei profitti dei distributori viene dalla vendita di film a Netflix”.
E cosa pensa delle serie che, secondo qualcuno, stanno togliendo terreno al cinema?
“Rappresentano un’autentica rivoluzione. Dinamizzano il cinema, creano un nuovo linguaggio, tant’è vero che due episodi della nuova stagione di “Sotto copertura” partecipano al festival online myfrenchfilmfestival”.
Quali mercati vi hanno dato più soddisfazione l'anno scorso?
“A parte l’Italia, il Senegal, l’America Latina e il Messico in particolare”.
E la Cina?
“E’ un mercato molto difficile per via della censura. Distribuiamo infatti solo 6 film all’anno”.
E l'Europa?
“In Polonia va forte l’animazione ma i cattolici integralisti hanno fatto la guerra a “120 bettiti al minuto”.
Continuate a organizzare festival di film francesi all’estero?
“Sì, e in aprile saremo a Roma per l’annuale Rendez-vous”.
Un altro motivo di orgoglio?
“Il 25 per cento dei registi francesi sono donne. E’ la percentuale più alta del mondo”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero