La semplicità. Non esiste parola migliore per descrivere lo spessore umano e professionale di un protagonista assoluto della televisione italiana come lo è stato...
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SENTIMENTI
La gente lo amava. Moltissimo. E viene da chiedersi come mai, come mai tutto questo incredibile, sincero e commovente affetto. Perché era bravo, era sensibile, era spiritoso, era poliedrico, era educato, era gentile, era un uomo un po' di altri tempi ma sempre al passo con i tempi. Amava la musica, il teatro, il cinema. Amava le cose popolari, quelle che illuminano di spensieratezza e magia la vita della gente comune. Amava la vita, ma sapeva anche ascoltare i problemi dei più deboli, si dedicava alle cause giuste. Non si è mai messo in primissimo piano, sempre un passo indietro, rispettoso, senza la voglia che hanno molti suoi colleghi di primeggiare in maniera ossessiva.
Insomma, esistono decine e decine di ragioni che lo hanno portato ad essere così amato da milioni e milioni di persone. Quindi la semplicità, ma anche la normalità, una scelta che lui ha fatto per assomigliare agli altri, mai nascondendo le sue gaffe, mai celando una certa sua timidezza, mai volendo sembrare diverso da quello che era.
VOCI
Di fronte al vero lutto nazionale che sta colorando di tristezza queste ore, a ridosso dalla scomparsa di Fabrizio, sembra quasi emergere un messaggio popolare. È come se la gente, dando l'ultimo saluto compatto e commosso a Frizzi, volesse inviare un messaggio alle coscienze del Paese. Quelle tante voci sembrano dire: noi siamo stufi della protervia, del potere arrogante, stufi dell'ostentazione, del presenzialismo, stufi di chi la fa da padrone in questo Stivale. Noi amiamo la normalità, amiamo l'uomo della porta accanto. Amiamo qualcuno che possa rappresentarci con intelligente pacatezza. Uno che non vuole fare saltare le regole, uno che ci ascolta, che ci assomiglia, non un capopopolo isterico, non un arruffone bugiardo.
Sono le voci della pancia vera del Paese, quelle perbene, che sanno ancora commuoversi e sanno inchinarsi di fronte ai sentimenti. Frizzi era amato perché rappresentava l'Italia migliore. E anche quelli che l'avevano dimenticata quell'Italia normale con la sua scomparsa hanno ritrovato una luce, hanno riconosciuto un barlume di condivisione collettiva.
REGALI
Che ci indica qualcosa di molto semplice, come era semplice lui: si può parlare alla gente senza alzare la voce, senza sbraitare. Si può essere pubblici mantenendo i caratteri della vita privata, dell'educazione, senza usare maschere di sguaiato opportunismo. È questa l'Italia veramente pulita che tutti vorrebbero vedere finalmente affermarsi, lontana dagli impicci, dagli interessi ideologici, dai calcoli di bottega.
L'addio di Fabrizio Frizzi ha coinciso con questa oceanica presa di coscienza, paradossalmente inconscia, di un popolo che attraverso la commozione e la tristezza lancia un messaggio di speranza e di felicità. Quella felicità che Fabrizio possedeva nel profondo e che trasmetteva ogni sera con un talento innato, mai meccanico. Buffo, intelligente e tenero. Ma soprattutto un conduttore che non pretendeva di insegnare al suo pubblico filosofia di vita e che era consapevole della sua normalità. Forse è proprio questo quello che gli italiani cercano. Una semplicità così distante dalle alchimie che stanno facendo ribollire le provette della scena politica. Fabrizio ci ha regalato molte cose. L'ultima, la più potente, è la sua scomparsa ingiusta, crudele, prematura, che lui ha saputo governare con il coraggio e la dignità dell'uomo normale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero