Amatevi gli uni con gli altri, o sarete trasformati in animali. Il precetto evangelico non suonava esattamente così, ma nel film più eccentrico del festival le cose vanno in...
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Dopo di che avete 45 giorni per “sistemarvi”, un fucile per andare a caccia di altri single fuggiti nel bosco (ogni single catturato, un giorno di tempo in più), e una sola certezza. Se non trovate l’anima genella sarete trasformati in un animale. A vostra scelta, magra consolazione. Con grandi dibattiti fra gli ospiti dell’hotel - lager, se sia meglio diventare un cane, un somaro, un cammello.
O magari un’aragosta... Tra le tante distopie, o utopie negative, viste al cinema in questi anni, The Lobster (L’aragosta, prima grande produzione internazionale del talentuoso greco Lanthimos, già autore di altre cupe e fascinose stranezze mai uscite in Italia come Canino e Alpi), è una delle più strambe e disperate. Malgrado lo humour noir della prima parte, infatti, nella seconda l’angoscia e la violenza nascoste dietro questa tragicommedia dell’assurdo si affacciano con sempre maggiore insistenza.
Finendo però per depotenziare le mille suggestioni di un film che resta sempre un poco esangue ed astratto, come i suoi personaggi incapaci di amare, malgrado il cast vasto e composito (Colin Farrell, Rachel Weisz, John C. Reilly, Léa Seydoux, Ben Whishaw, Ariane Labed...) e una colonna sonora che alterna con sapienza Beethoven, Schnittke, Stravinskij, Nick Cave, canzoni tradizionali greche e molto altro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero