«Sul palco esprimo cose che normalmente non posso fare. Ci dicono che siamo violenti, siamo tristi, ma per me quella è energia», dice Manuel Agnelli, frontman...
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Così come il concerto, anche il docufilm – da cui sarà tratto anche un cd musicale, come si è lasciato scappare il regista Giorgio Testi, ripreso dal violinista Rodrigo D'Erasmo: «Il progetto non si esaurisce col film ma è parte di qualcosa di più grande» - ripercorre 30 anni di carriera, attraverso le canzoni e la voce narrante di Agnelli: «Lui è l'unico superstite della formazione originale» spiega Testi, «Se non la facevo io l'avrei licenziato» scherza Agnelli, proseguendo nel racconto del progetto: «Era un evento one off, unico concerto del 2018. Di solito quando si fanno questi docufilm tributo si riprendono 3 serate consecutive, invece abbiamo voluto preservare la magia di quell'unico evento, rischiando che potesse essere un disastro oppure qualcosa di meraviglioso. Per fortuna è stata la seconda». Il primo Lp è del 1988, gli Afterhours cantavano in inglese e giravano tra i locali underground del Nord Italia.
Oggi sono riconosciuti dal pubblico come delle icone, grazie a una storia che li ha visti sempre in prima linea come catalizzatori dell'intera scena musicale italiana: dai testi ironici, le distorsioni magnetiche e (persino) anche delle bestemmie inserite all'inizio delle canzoni, si passa a testi più intimisti, se non politici, suoni acustici – come quelli del concerto serale che anticipa la proiezione del docufilm nella sala Sinopoli – e un'immagine più rassicurante: «Siamo cambiati tutti, crescendo come persone e individui, è cambiato il significato di fare musica – racconta Agnelli - Da giovani volevamo creare una reazione, volevamo essere disturbanti e poi questa cosa è diventata un cliché». «Abbiamo cercato nuovo modo di rapportarci al pubblico, è stato un percorso lungo e non sempre positivo. Da qualche anno abbiamo trovato modo più empatico di rapportarci al pubblico, abbiamo accettato quello che siamo adesso, perché ci arriva nuova energia. È bello continuare ad avere senso per qualcuno, non è un fatto di memoria o malinconia, ma trasmettere emozioni adesso, è un senso che ci rende molto orgogliosi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero