E se nel suo film capolavoro "La Dolce Vita", Federico Fellini avesse voluto rendere uno speciale omaggio personale a Marcel Duchamp, il "padre" del Dadaismo?...
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LA PERFORMANCE. Domenica 9 aprile, la festa va in scena in tutto il mondo secondo un singolare gemellaggio tra quei musei internazionali che possiedono nella loro collezione un "orinatoio" di Duchamp. La rete si chiama, non a caso, "Fountain 100". Nella migliore tradizione della formula "secret word", ogni istituzione avrà una parola segreta per regalare l'ingresso gratuito al pubblico. A Roma, protagonista è la Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea del Mibact, sotto la direzione di Cristiana Collu che sta per essere il "tempio" della rivelazione. In biglietteria (il 9 aprile dalle 15 alle 16) il visitatore dovrà sussurrare le parole "Richard Mutt", che corrispondono al nome con cui Duchamp firmò la sua rivoluzionaria creatura. Nella cornice delle celebrazioni, ecco che la "rivelazione" sulla "Dolce Vita" va in scena attraverso una performance lezione spettacolo di Andrea Lanini: lui sostiene che Federico Fellini, nella famosa scena del bagno di Anita Ekberg e Marcello Mastroianni nella Fontana di Trevi, avrebbe "nascosto" una dedica a Marcel Duchamp. Tanti gli elementi che combaciano: Marcello (come Marcel) è il nome del protagonista del film, nonché dell'attore. Il titolo originale dell'opera di Duchamp è "Fountain", echeggiando la Fontana di Trevi della scena. Inoltre, il sottotitolo di "Fountain" è la "Vie Rose" inneggiando alla "Dolce Vita".
IL TRIANGOLO. Una triangolazione su cui Lanini ricostruisce coincidenze e similitudini, oltre al fatto che Duchamp era un artista assai amato da Fellini. Quanto all'orinatoio dadaista, la leggenda è nota: Duchamp era arrivato negli Usa nel 1915. Due anni dopo in un negozio di articoli per il bagno acquistò un comune orinatoio modello Bedfordshire, ruotò di novanta gradi l'oggetto e vi scrisse «R. Mutt 1917» per poi presentarlo a una mostra organizzata a New York dalla Society of Independent Artists di cui era membro fondatore. All'epoca, mano a dirlo, l'opera venne rifiutata. Ma poi cambiò il corso delle avanguardie del Novecento. E oggi continua a sedurre il pubblico con scenari di rivelazioni. Che ci fosse l'estro di Duchamp nei pensieri di Fellini? In fondo, questo "gioco", sarebbe piaciuto anche a lui. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero