Mai come quest’anno i David fotografano con nitidezza lo “stato dell’arte” del cinema italiano e le linee guida per il prossimo futuro. Vince la...
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E sì che Non essere cattivo è molto bello, e rivela per l’appunto un orecchio finissimo, l’orecchio che continua a mancare nel nostro paese di doppiatori e di dialoghi spesso troppo “scritti” per suonare veri. A riequilibrare il verdetto sarebbe bastato un David alla produzione - davvero miracolosa - che ha permesso a Caligari di fare il suo ultimo film dopo 17 anni (incredibile ma vero) di inattività. Invece niente. Così come niente, che miopia, è andato a Fuocoammare di Rosi, nemmeno il premio per il montaggio, davvero decisivo in un docu.
Ma i David sono premi “di pancia”. Non li assegna una giuria, ma la massa di votanti della professione. Per questo fanno intravedere il futuro. E il futuro è di chi saprà reinventare la commedia, come Perfetti sconosciuti. Di chi ha la forza registica e produttiva per pensare internazionale (bella rivincita per Racconto dei racconti, bistrattato a Cannes e da buona parte della critica).
Ma ancor più di chi userà i generi per rimescolare a fondo le carte del nostro cinema, come dimostra il trionfo perfino eccessivo dell’ottimo Jeeg Robot, sepolto dal solito effetto-valanga. Che ha cancellato perfino il trionfatore dell’anno, Quo Vado?, candidato per la migliore canzone (la strepitosa La prima repubblica) e per la miglior attrice non protagonista, una memorabile Sonia Bergamasco.
È proprio vero, il troppo successo non si perdona mai. Nemmeno ai David.
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Il Messaggero