Dirige la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma dove entrò quando aveva 8 anni: Laura Comi ha festeggiato domenica 28 ottobre con i suoi allievi al Teatro...
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Le prime scarpette?
«Qui al Teatro dell’Opera. Il primo corso l’ho vissuto nell’attesa di passare al secondo e indossare quelle da punta».
Le ultime?
«Agosto 2011, Aida a Caracalla. È stata l’ultima volta che ho ballato. Lasciare è doloroso. Ti cambia la vita».
Come si arriva alla decisione di smettere?
«Te lo dice il fisico».
Alcune sue colleghe sono rimaste in scena fino a grandi.
«Casi eccezionali».
Lei vede ballare centinaia di bambini e ragazzi: come si accorge che sta nascendo una stella?
«Il talento si avverte dallo sguardo, si riconosce dall’anima: da quello che un ballerino prova e trasmette».
I talent tv condizionano i sogni degli allievi?
«Sono figli dei tempi. E quindi anche della tv. Che comunque aiuta a diffondere la nostra arte».
Quante ore al giorno alla sbarra?
«Dalle 14 alle 20. Dipende dalle età. Non è come fare un corso di nuoto».
90 anni: una delle tre scuole sopravvissute in Italia. Che cosa direbbe al ministro della Cultura?
«Nelle scuole legate ai teatri, oltre a studiare, si balla negli spettacoli in cartellone. Un tirocinio fondamentale».
Il cibo è ancora un incubo?
«L’eccessiva magrezza è un problema che non riguarda soltanto la danza. Noi siamo legati agli specialisti di Tor Vergata».
A che cosa fa bene la danza?
«Aiuta a elaborare le emozioni. E forma il carattere». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero