Camilleri in scena al Teatro Antico di Siracusa con un suo testo su Tiresia

Roberto Andò e Andrea Camilleri, protagonisti a Siracusa
Il 54° Festival del Teatro greco di Siracusa ha avuto inizio con le due tragedie, Eracle e Edipo a Colono, messe in scena da Emma Dante e Yannis Kokkos, che hanno registrato...

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Il 54° Festival del Teatro greco di Siracusa ha avuto inizio con le due tragedie, Eracle e Edipo a Colono, messe in scena da Emma Dante e Yannis Kokkos, che hanno registrato un grande consenso di critica e di pubblico. Lunedì 11 giugno il Festival si arricchirà di un evento unico ed emozionante: Conversazione su Tiresia, un testo che Andrea Camilleri ha scritto appositamente per l’Inda, e che sarà interpretato dallo stesso scrittore al Teatro Greco di Siracusa, in una produzione Inda con la regia di Roberto Andò.


E' la prima volta che Andrea Camilleri diviene attore di un suo testo, e che abbia scelto di farlo a questo punto della sua vita impersonando l’indovino cieco assicura alla circostanza un carattere memorabile. Camilleri sceglie Tiresia e quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo elegge a pretesto - come già fece Borges con molti dei suoi temi prediletti - per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie.

Le infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell’indovino attraverso epoche e generi, costituiscono per Camilleri uno specchio in cui riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione letteraria. L’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Giunone (o da Atena?), punito perché rivelava i segreti degli dei, è il protagonista di una conversazione solitaria, nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, parlerà del suo viaggio nella vita e nella Storia.


Dice Andrea Camilleri:
«Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo: così scriveva Borges, e questo è vero per tutti, ma ancor di più per un cieco. Da quando non vedo più, io vedo meglio, vedo con più chiarezza. Nella mia gioventù siciliana, i miei compagnucci contadini accecavano i cardellini perché sostenevano che da ciechi cantassero meglio». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero