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Una vampa di passione, dal palcoscenico incendiato di nubi rosse alla platea surriscaldata dal glamour, ha illuminato ieri sera il Circo Massimo. Alla presenza del presidente Mattarella, il Trovatore, capolavoro di Verdi che debuttò proprio a Roma nel 1853, ha accompagnato i mille spettatori verso il risveglio culturale e mondano della Capitale: melomani e vertici istituzionali, cittadini romani e ambasciatori di Paesi stranieri, riuniti (e distanziati) per l’inaugurazione della stagione estiva del Teatro dell’Opera, hanno così sciolto, con un applauso, la tensione di mesi senza suoni, senza bellezza e senza mondanità.
IL CAPO DI STATO
Il silenzio, tra il Palatino e la scenografia da Trono di Spade, è stato interrotto dal saluto rivolto al Capo dello Stato e dall’Inno diretto dal maestro Daniele Gatti, canzone della speranza per un’Italia che, almeno quella musicale, ieri sera s’è desta. Il presidente della Repubblica, accompagnato dalla figlia, è stato accolto dalla sindaca Raggi e dalle più alte cariche territoriali. Dopo aver ricevuto i saluti istituzionali del sovrintendente Fuortes e del maestro Gatti, Mattarella (accompagnato dalla figlia Laura) ha incontrato gli artisti: il regista Lorenzo Mariani, Fabio Sartori (Manrico), Roberta Mantegna (tanti “brava” per la sua Leonora), Clémentine Margaine (Azucena) e Christopher Maltman (Conte di Luna).
STRIDE LA VAMPA
Terminati i riti, si è acceso il fuoco, simbolo dell’opera di Verdi (Di quella pira, Stride la Vampa, Ah! l’amor, l’amore ond’ardo) e della regia di Mariani che ha già firmato nelle scorse stagioni, a Caracalla, una Traviata in stile Dolce Vita e un Barbiere con la cantante in una gabbia per canarini. Questa volta ha concentrato la sua lettura (che non ha raccolto un entusiasmo unanime) su uno schermo hi-tech portando tra le nuvole il Trovatore e la sua storia surreale. Senza agganciarsi al libretto, Mariani ha seguito le atmosfere oniriche e le pulsioni profonde verso un mondo immateriale, come il cielo, declinato in tutte le sue sfumature, dal rosso fuoco, all’oscuro denso di contrasti, con riferimenti a volte un po’ didascalici. In scena, pochi segni, sgabelli e tavoli, in bianco e nero, a ricordare una scacchiera, quella del Settimo Sigillo, intorno alla quale i protagonisti giocano la loro partita con l’amore e con la morte.
Entusiasmo per le arie più famose (e quante ce ne sono), nella lettura filologica di Gatti che, dopo Rigoletto e Traviata, completa con quest’opera la sua trilogia popolare verdiana. Invitando i cantanti all’interpretazione originale del testo, astenendosi dagli acuti non scritti, come il do “strappapplausi” nella cabaletta “di quella pira”, e restituendo invece tutti i “da capo”. Un'elegante ricerca che ha caratterizzato il cammino della direzione musicale di Gatti, giunta all’ultima stagione.
Lo spettacolo torna in scena sabato 19, giovedì 24, domenica 27 giugno, domenica 4 e martedì 6 luglio. Tutte le rappresentazioni inizieranno alle ore 21.
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