Di Adamo ed Eva – si sa – fu il peccato originale. Cacciati dall’Eden e costretti a lavorare, vissero su questa terra. La stessa sulla quale tutti noi corriamo...
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Ma davvero quello che portiamo a tavola ha un effetto sui cambiamenti climatici?
«Sì. È stato calcolato che il sistema alimentare mondiale è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di gas serra, tra i colpevoli principali del riscaldamento globale. Questa quota include l’allevamento e l’agricoltura, i prodotti animali e vegetali, nonché la lavorazione, l’imballaggio e la spedizione ai mercati di tutto il mondo».
Cioè, se mangi - qualsiasi cibo mangi - fai danni essendo parte del sistema alimentare…
«Certo, ma la soluzione naturalmente non è il digiuno. Si tratta piuttosto di limitare alcuni alimenti in favore di altri. The Lancet, la prestigiosa rivista scientifica inglese, ha elaborato una sorta di dieta universale, che si stima frenerebbe i rischi dei cambiamenti climatici ed eviterebbe fino a 11 milioni e mezzo di morti l’anno dovuti a una cattiva alimentazione».
Quindi gli ingredienti per la salute e per l’ambiente sono gli stessi?
«Di fatto è così. Secondo gli esperti, per ottenere un doppio effetto, sull’individuo e sul clima, entro il 2050 europei e americani dovrebbero raddoppiare i consumi di vegetali e ridurre di oltre il 50 per cento quelli di carni rosse e dei componenti tipici dei prodotti industriali: zuccheri e farine raffinate. È la dieta mediterranea a essere alleata dell’uomo e del pianeta».
Ma gli italiani non sembrano seguirla. Ricordaci che cosa prevede.
«La dieta mediterranea, patrimonio dell’umanità dichiarata dall’Unesco, è un insieme di tradizioni tipiche dei Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, con una ricchezza di sfumature che dipendono dai vari contesti geografici e storici. La versione italiana, come sappiamo, non corrisponde a quella greca o a quella spagnola, ma nelle abitudini alimentari antiche ci sono le stesse basi. Si consumano verdura e frutta fresca in quantità e varietà, frutta a guscio, legumi, cereali e derivati integrali o semi-integrali. In più, il pesce. Latte e latticini sono presenti in misura moderata, mentre il consumo di carne è ridotto. Si condisce con l’olio extravergine d’oliva. I ricercatori hanno dimostrato l’efficacia di questo modello alimentare nel proteggere l’apparato cardiovascolare e nel prevenire tumori e molte altre patologie croniche».
Guarda caso molti ingredienti sono quelli definiti intelligenti, gli Smartfood. Cosa sono?
«Ormai si è capito che alcuni alimenti si comportano come farmaci, capaci di curare e proteggere l’organismo: 30 Smartfood, da non farsi mancare a tavola perché sono alleati della linea e della salute. Sono smart, cioè brillanti, intelligenti, perché la loro azione sul nostro corpo è straordinaria. Saziano, contrastano l’accumulo di grasso, allontanano le malattie e allungano la vita. Sono alimenti speciali e allo stesso tempo comuni, di facile reperibilità».
Divisi in due categorie, Longevity e Protective.
«I 20 Longevity Smartfood, oltre a essere ricchi di sostanze utili, contengono molecole che attivano i geni della longevità. Sono: arance rosse, asparagi, cachi, capperi, cavoli rossi, ciliegie, cioccolato fondente, cipolle, curcuma, fragole, frutti di bosco, lattuga, melanzane, mele, peperoncino e paprika piccante, patate viola, prugne nere, radicchio, tè verde e tè nero, uva. I 10 Protective Smartfood sono cibi e categorie di cibi che proteggono l’organismo, allontanando obesità e molte malattie croniche: aglio, cereali integrali, erbe aromatiche, frutta fresca, frutta a guscio, legumi, olio extravergine d’oliva, oli di semi spremuti a freddo, semi oleosi, verdura».
Insomma, la dieta mediterranea fa bene a noi. E alla Terra?
«Dagli studi risulta che riduce l’impatto sulle riserve di acqua e le emissioni di gas serra, rispetto ai menù che oggi dominano nei Paesi industrializzati».
Quali cibi hanno l’impatto climatico maggiore?
«La carne e i latticini hanno un peso fortissimo. Ci vogliono più terra, più energia e più acqua per produrre mezzo chilo di proteine animali rispetto a una stessa quantità di proteine vegetali. E dal bestiame deriva circa il 14,5% delle emissioni annuali di gas serra del mondo, quasi la stessa quantità di tutte le auto, i camion, gli aerei e le navi. In generale, però, è la carne rossa ad avere l’impatto maggiore».
Perché proprio la carne rossa e non la carne bianca?
«La carne rossa, cioè quella di manzo, vitello e ovini, si guadagna il podio per una questione che non tutti conoscono: gli stomaci di mucche sono popolati da batteri che aiutano la digestione ma che allo stesso tempo producono metano, un gas serra che viene rilasciato attraverso le funzioni naturali».
Maiale e pollo?
«Stanno nel mezzo tra carne ovina e bovina e gli alimenti da fonti vegetali, che tendono ad avere il minore impatto ambientale, dai legumi agli ortaggi».
Qual è il parere della comunità scientifica su latte e formaggio?
«Latte, yogurt e ricotta hanno in genere un peso inferiore rispetto a uova, pollo o maiale, mentre alcuni tipi di formaggi, che richiedono molti litri di latte per la preparazione, possono avere un impatto maggiore rispetto alla carne bianca. Per quanto riguarda la salute, il consiglio è di non andare oltre una-due porzioni al giorno tra latte e derivati, restringendo il consumo di formaggi, meglio se freschi, a un paio di volte alla settimana».
Il pesce, ricco di omega-3, è ritenuto un alimento salutare, ma consumarlo è una buona scelta anche per il clima? E i branzini d’allevamento?
«Un’analisi recente ha evidenziato che molluschi e pesci vari hanno un impatto climatico inferiore rispetto a tutti i tipi di carne. E le Linee guida nazionali per una sana alimentazione suggeriscono il consumo di tre porzioni (da 150 grammi) alla settimana. Va detto che gran parte del pesce in commercio è d’allevamento, che in genere ha buoni valori nutrizionali. L’acquacoltura può essere un’opzione rispettosa del clima, anche se dipende dalle norme che lo regolano: c’è una differenza tra Norvegia e Cina...»
Bisognerebbe diventare vegani?
«Non è necessario, secondo molti esperti, né per la salute né per la Terra. Per fare la differenza basterebbe che i mangiatori di bistecche più accaniti ne riducessero il consumo. A tavola, comunque, fa bene variare. Inserire a rotazione le diverse fonti di proteine, dal pesce alle uova, non facendosi mancare tre volte alla settimana i fagioli, come consigliano i nutrizionisti. Vale anche per le bevande vegetali. Si tende a cambiare i menù di pranzo e cena e magari ci si fossilizza su una colazione sempre uguale: perché non sostituire ogni tanto il latte di mandorla a quello vaccino?». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero