Non c’è nessun altro campo, come l’alimentazione militare, in cui gli standard Nato si diversifichino così tanto. E’ il solo settore dove non si ricerca l’uniformità,...
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Che cos’è una Razione K? E’ quella che i militari italiani preferiscono chiamare “Razione speciale viveri da combattimento” e la definizione per esteso spiega meglio di che si tratta.
L’IDEA
La Razione K fu inventata negli anni 40 dal medico americano Ancel Keys (la kappa è l’iniziale del suo cognome) che così rispose all’incarico, assegnatogli dalle Forze armate Usa, di creare un rancio completo e da trasporto per paracadutisti. Per la cronaca, il dottor Keys fu anche il primo presidente della Società internazionale di Cardiologia, è stato il primo divulgatore della “dieta mediterranea” ed è morto a 100 anni nel 2004.
Se ci fosse una classifica dei menù militari da combattimento l’Italia sarebbe al primo posto per la varietà degli alimenti. La razione tricolore è formata da un modulo di tre pasti al giorno, diverso per ogni giorno della settimana e con la possibilità di ulteriori varianti: circa venti menù a settimana, dove fanno bella mostra di sé ravioli e tortellini al ragù (siamo i soli, tra tutti gli eserciti del mondo, a offrire ravioli e tortellini ai combattenti) ma anche pasta e fagioli; come secondo, la razione K tricolore offre carne bovina, wurstel, tonno e piselli, sgombro sott’olio, pollo in gelatina. I francesi controbattono con le rillettes di salmone, piatto raffinato; gli inglesi offrono salsiccia di pollo con fagioli, gli americani ratatouille con pasta, l’esercito russo lardo salato e manzo con semola di grano saraceno. «L’apporto energetico della nostra razione da combattimento deve essere di media pari a 3.650 chilocalorie per uomo al giorno», dice il tenente colonnello Angelo Ciro Ucci, della Scuola di Commissariato di Maddaloni (Caserta). «Il peso nello zaino del soldato è pari a 2 chili e 258 grammi - continua il colonnello - Nel 1973 era di 2 chili e 700 grammi».
GLI SVILUPPI
Le Forze armate italiane hanno naturalmente modificato, nel corso del tempo, la composizione della razione K. Senza andare troppo a ritroso (durante la Seconda guerra mondiale la razione era composta da una scatola di carne e da 500 grammi di biscotti salati, le cosiddette gallette) fino al 1993 la Razione K era unica. «Per sette giorni e anche più il soldato in missione doveva consumare lo stesso rancio - dice ancora il colonnello Ucci - Si è sentita dunque l’esigenza psicologica di variare. Il benessere psicofisico del soldato influisce sulla sua resa sul campo». Anche altri accorgimenti igienici sono utili allo scopo: per esempio le Razioni K italiane contengono tre spazzolini da denti monouso, ciascuno per ogni pasto; le Razioni K spagnole includono un gel per disinfettare le mani e quelle danesi vantano cucchiai e forchette biodegradabili.
Ma la ricerca non si ferma qui. Dice il professor Antonino De Lorenzo, ordinario di Scienza dell’Alimentazione all’Università di Tor Vergata: «Stiamo studiando insieme all’Esercito nuove forme di razioni K ma non soltanto per i soldati sul campo di battaglia. Ora prendiamo in considerazione le Razioni K da usare in caso di improvvise calamità naturali, come terremoti, alluvioni ed altro. La nostra è un’esplorazione continua. Presto farà il suo ingresso nella razione K italiana il succo di rapa rossa. E’ un formidabile vasodilatatore e aumenta le performances fisiche». Anche l’astronauta Samantha Cristoforetti, lassù tra le stelle, si ciba con Razioni K rigorosamente confezionate in Italia. Il suo menu? Pollo con curcuma, piselli, quinoa e sgombro sott’olio. Tutti pasti non sbriciolabili, perché le briciole potrebbero dar fastidio ai complicati meccanismi della Stazione spaziale orbitante.
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Il Messaggero