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«Bisogna ritrovare la forza di indignarci quando la sensibilizzazione e la promozione della consapevolezza dimostrano di essere inutili chimere. Indignarci quindi ed agire di conseguenza in tutte le sedi istituzionali» così commenta Mario Barbuto, presidente nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, di fronte alla situazione discriminante, rilevata dall’Uici e dall’Agenzia Iura, che riguarda l’accesso ai corsi universitari, preclusi alle persone con questa disabilità.
Le parole di Barbuto
«Non stiamo parlando di un videogame - prosegue Barbuto -. È il test che rende possibile iscriversi all’università e provare a costruire un futuro di dignità. Un test che, nonostante decenni di norme e standard nazionali ed internazionali continua a risultare ancora non accessibile».
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Ormai da qualche anno l’accesso a molti corsi universitari è condizionato da test di ingresso.
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La richiesta di Uici
Di fronte a questa evidenza che Uici ha presentato al Cisia e alla Conferenza nazionale universitaria dei delegati per la disabilità non si sono ottenute risposte circa il motivo della scelta di un sistema realizzato nel mancato rispetto degli standard nazionali ed internazionali di accessibilità. Si è al contrario proposto quello che impropriamente è definito un 'accomodamento ragionevole': consentire al candidato cieco o ipovedente di svolgere la prova su un modulo pdf accessibile appositamente realizzato dal Cisia. Perché un modulo pdf sia accessibile è necessario rispettare alcune regole di base sufficientemente note e consolidate presso i professionisti. Ma alla prima prova dei fatti nemmeno il cosiddetto “l’accomodamento ragionevole” ha funzionato.
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La storia
Due giorni fa un candidato cieco si è presentato presso una sede dell’Ateneo patavino, per la concordata esecuzione del test su modulo pdf. E questo si è rivelato, agli stessi responsabili dell’Ateneo, inaccessibile per chiunque e quindi la persona non vedente non ha potuto eseguire il test. «Questo accade oggi nel nostro Paese a distanza di quasi vent’anni dalla Legge sugli standard sull’accessibilità del 2004, a dodici dalla ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e mentre la Ue continua a ribadire la priorità dell’accessibilità di luoghi e strumenti. Questa vicenda è emblematica e non può finire qui» conclude Barbuto.
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