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Servono più ispettori e un ruolo maggiore per i comitati di valutazione interni alle scuole: anche docenti e presidi, infatti, verranno valutati e nei prossimi mesi il ministero dell’istruzione metterà a punto criteri e percorsi da seguire. Ma i sindacati frenano: «Difficile valutare il lavoro di un insegnante». Non ci saranno le pagelle per gli insegnanti né i voti, come sottolineano da viale Trastevere, ma si dovrà procedere comunque potenziando il sistema nazionale di valutazione, come previsto nell’Atto di indirizzo firmato dal ministro Bianchi. E del sistema di valutazione fanno parte il contingente di ispettori e l’Invalsi, l’Istituto che fornisce i test di rilevazione per gli studenti.
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I dirigenti scolastici
Per i dirigenti scolastici la valutazione è un punto fermo su cui puntare: «Siamo favorevoli da anni - spiega il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli - alla valutazione del personale. Purtroppo nel nostro Paese la cultura della meritocrazia dei dipendenti pubblici non è sempre praticata. Ma dubito che l’Invalsi possa essere utilizzato a questo scopo. È uno strumento diagnostico, serve per decidere la metodologia didattica da utilizzare nelle scuole. Piuttosto è necessario dare un ruolo maggiore ai presidi e ai comitati di valutazione interni alle scuole. E potenziare il contingente ispettivo: per ora ci sono 40 ispettori di ruolo e una sessantina temporanei ma servirebbe almeno un ispettore ogni 10 scuole».
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Il modello francese
L’idea richiama molto il modello di valutazione francese, già avviato regolarmente.
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I parametri
La discussione è ormai aperta ma per i sindacati si tratta di un terreno molto delicato su cui andare cauti: «Nella scuola il sistema di valutazione finora non ha ancora avuto un parametro ben definito - ha commentato la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi - perché non sono mai stati individuati i livelli essenziali. Non è facilmente rilevabile la competenza di un docente: gli schemi fissi non sempre colgono la realtà. Nella scuola è la forza della comunità che influisce sull’efficacia degli interventi didattici. È necessario innalzare quindi la retribuzione di partenza e valutare le modalità attrattive dei percorsi professionali e di formazione. La possibilità di far carriera nella scuola andrebbe a richiamare l’attenzione di tanti professionisti che scelgono altre strade, nei settori privati, perché a parità di titolo di studio si guadagna di più: un ingegnere guadagna 4 volte di più rispetto ad un docente di meccanica, laureato in ingegneria». Non solo, tra i sindacati c’è il timore di scatenare una competizione che non farebbe bene a nessuno. Quindi si tratta di capire come procedere nei prossimi mesi per mettere a punto un criterio che metta tutti d’accordo: la Flc Cgil respinge infatti «qualunque logica competitiva e neoliberale. La qualità dell’offerta formativa passa attraverso una dotazione organica adeguata, un sistema di reclutamento efficace, dei finanziamenti continui e strutturali ed una maggiore autonomia degli organi collegiali scolastici. Bene invece la previsione di un rafforzamento del corpo ispettivo, al quale affidare un’azione di ascolto e di confronto».
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