Oscar De La Hoya ricoverato per Covid: l'ex Golden Boy del pugilato (ha 48 anni) era vaccinato

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Figlio di emigrati messicani poverissimi

Il 20 agosto 2020, De La Hoya annuncia ufficialmente il suo ritorno sul ring all’età di 47 anni. Figlio di una famiglia di emigrati messicani poverissimi, grazie alla boxe sfuggiva alla violenza di strada della periferia di Los Angeles dove era cresciuto. Ad allenarlo, severamente, il padre Joel che lo guidò nelle prime fasi della sua carriera. La madre, morta per cancro quando Óscar aveva solo 17 anni, è stata fonte di ispirazione durante tutta la sua vita. De la Hoya cominciò a boxare giovanissimo e nel 1989 conquistò la medaglia d’oro nel prestigioso torneo Golden Gloves, l’anno successivo diventò campione Americano, bissò successivamente questo successo nel 1991. Nel 1990 vinse i Goodwill Games a Seattle (nello stato di Washington); fu l’oro americano più giovane di quella rassegna. Mamma Cecilia era già malata e morirà quasi tre mesi dopo: sul letto di morte il "voto" della donna per la medaglia d’oro del figlio ai Giochi olimpici di Barcellona. Nel 1992, in effetti, diviene campione olimpico nei Giochi della XXV Olimpiade del 1992. L’anno prima a Sydney, in Australia, ai mondiali dilettanti, Oscar era stato sconfitto ai punti al primo turno (ottavi di finale) dal tedesco Marco Rudolph, l’avversario poi battuto nella finale olimpica. Lascia il mondo del dilettantismo con l’eccezionale score di 223 vittorie e 5 sconfitte.
De la Hoya, come professionista ha portato a termine 43 incontri perdendone solo cinque (dei 39 vinti ben 31 sono terminati per knockout). Il suo nick è “The Pride Of East LA” o “The Golden Boy”.
I primi trenta match affrontati da professionista sono risultati tutti vincenti: è opinione comunque che il miglior De la Hoya sia quello del periodo da welter attorno a metà anni ‘90. La sua boxe è impostata in guardia normale nonostante lui sia un mancino (più volte ha però combattuto da mancino, ad esempio contro Whitaker).

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