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Tre auto coinvolte, una pioggia di proiettili esplosi sulla via Casilina e nel parcheggio della metro fermata Pantano: sarebbe questa, secondo le prime risultanze, la ricostruzione della sparatoria che ha portato all’omicidio del 14enne Alexandru Ivan, alla periferia Est di Roma. E mentre si continua a cercare la mano che ha premuto il grilletto - forse di un revoler - facendo partire i due colpi mortali, la Procura di Velletri, guidata da Giancarlo Amato, ha emesso un primo fermo a carico di Corum Petrov, 24 anni. L’uomo, nato in Spagna ma da anni residente a Roma, domenica sera si è presentato dai carabinieri che lo stavano cercando. «Sono passato con la macchina due volte solo per guardare», avrebbe detto ai militari provando così a tirarsi fuori dall’omicidio scaturito al termine di un regolamento di conti forse per droga. Con sé Petrov, già conosciuto dalle forze dell’ordine per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, non aveva né cellulare né documenti. È stato accompagnato dai suoi legali, Luca Guerra e Fabio Frattini, e pensava forse di tornare a casa, ma dopo un primo confronto con il pm titolare del fascicolo è stato fermato con l’accusa di omicidio in concorso. Non ha reso alcuna confessione, non ha fatto alcun nome né - tanto meno - si è addossato il delitto. Su questo i militari gli credono: non è stato lui a esplodere i colpi che hanno ucciso Alex. Presentarsi in caserma e negare non avrebbe senso. Ma chi è stato allora? Le indagini sono ancora in corso e puntano al cugino del fermato, Dino Petrov, che quel venerdì sera ha prima discusso con il patrigno della vittima e poi ha concordato l’appuntamento chiarificatore, secondo quanto ricostruito dalle indagini grazie alle chat su Messenger. Intanto questa mattina, nel carcere di Velletri, il cugino Corum sosterrà l’interrogatorio di convalida.