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Trentaquattro secondi per raccontare l’inferno. Trentaquattro secondi che sono - al momento - l’unico video del bus navetta caduto dal cavalcavia Rizzardi, tra Mestre e Marghera, portando con sé 21 vite e ferendo altre 15 persone. Trentaquattro secondi nei quali adesso la polizia locale di Venezia, i carabinieri e la polizia stanno cercando una spiegazione al dramma. Ed è in quei 34 secondi che il procuratore Bruno Cherchi e il sostituto Laura Cameli provano a far luce puntando sui quattro buchi neri che risucchiano le domande sulla tragedia del bus: cos’è successo all’autista Alberto Rizzotto? Cos’è che gli ha fatto perdere il controllo del mezzo? È a norma il guardrail che costeggia il vuoto sulla rampa Rizzardi? Ci sono stati guasti al mezzo, nuovo e con poca vita, e come si sono comportate le batterie al litio che facevano da propulsore? E poi, qualcuno ha toccato l’autobus sulla fiancata sinistra, spingendolo verso il baratro? Le prime risposte sono già arrivate e sono così solide che il procuratore capo Cherchi le chiama «punti certi, o quasi certi». E cioè che non ci siano stati tamponamenti con altri mezzi e che il bus abbia deviato a destra appoggiandosi per 50 metri sul guardrail e poi cadendo, una volta trovato un buco nella barriera di sicurezza.