Autonomia, tutte le falle della riforma: la legge quadro riporta in vita le vecchie intese

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Autonomia, tutte le falle della riforma: la legge quadro riporta in vita le vecchie intese
La bozza della legge sull’autonomia...

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La bozza della legge sull’autonomia contiene molte contraddizioni. Diverse falle e, usando un linguaggio preso a prestito dalla tecnologia, alcune «back doors», delle porte nascoste dalle quali potrebbero rientrare vecchie pretese che, almeno a parole, non dovrebbero più essere sul tavolo.

La bozza, dunque, va letta in controluce. Tra le righe. In diversi punti sembra aprire alle istanze che vengono dal Centro e dal Sud, cone sui Lep, i livelli essenziali di prestazione. Che però dovranno solo essere “definiti” e non anche “garantiti”. La realtà è che la bozza di legge sull’autonomia resta fermamente ancorata alle “pesanti” richieste formalizzate da Veneto e Lombardia con le pre-intese del 2019, quelle che allora furono ribattezzate come la «secessione dei ricchi».

Il vero peccato originale della legge. Ci sono alcuni passaggi che val la pena sottolineare. Innanzitutto la norma contenuta nell’articolo 11 che non solo non disconosce i vecchi accordi, ma li riporta in vita. «Le disposizioni della presente legge», dice l’articolo 11, «si applicano, in relazione ai rispettivi livelli di avanzamento formalizzato, anche agli atti di iniziativa delle Regioni presentati al governo e concordati con il medesimo prima della data di entrata in vigore della presente legge».

Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali (foto LAPRESSE)

Ma soprattutto quanto previsto dall’articolo 4 e dall’articolo 6, quando si parla di trasferimento di persone e risorse dallo Stato alle Regioni, il vero cuore delle richieste del Nord. I conteggio delle risorse da trasferire verrà inizialmente fatto sulla base dei costi storici, da quanto speso cioè dallo Stato nella Regione. E nel Nord storicamente lo Stato ha speso di più. Nell’articolo 4 c’è anche una sorta di clausola di salvaguardia al contrario, che mette le intese al di sopra della stessa legge sull’autonomia. Qualsiasi norma sulle risorse, insomma, non sarà valida se nelle intese ci sarà scritta una cosa diversa. Le intese, poi, andranno finanziate con cessioni di tributi erarilai maturati nel territorio o compartecipazioni alle aliquote. Una back door che potrebbe permettere il rientro del residuo fiscale chiesto da Veneto e Lombardia al tempo dei referendum regionali.

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