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La variante indiana sembrerebbe essere più contagiosa di quella inglese, ma non più letale, e sarebbe coperta dai vaccini in uso. È quanto emerge da uno studio condotto dall'Università Campus Biomedico di Roma con vari istituti tra i quali Università Bicocca, Policlinico Gemelli e Istituto di virologia umana del Maryland e pubblicato su MedRix.
Massimo Ciccozzi, esperto e responsabile dell'unità di epidemiologia molecolare dell'Università Campus Biomedico, a fronte della maggiore contagiosità della mutazione indiana del Covid, consiglia di «monitorare i viaggi dall'India, dove questa variante è maggiormente diffusa e di sorvegliare gli scali da altri Paesi». A ciò aggiunge la necessità di una terza dose di vaccino «proprio per la presenza di tante varianti che attualmente osserviamo». Il punto, rileva, è che «sappiamo ancora poco sulla durata dell'efficacia vaccinale: sappiamo che sei mesi di copertura per effetto dei vaccini sono assicurati ma alcuni studi estendono tale periodo a 8 mesi. Ritengo dunque che, precauzionalmente, a partire da ottobre le terze dosi andrebbero effettuate». Quanto alla tipologia di vaccini da utilizzare, «ci sono studi in cui sono stati utilizzati vaccini diversi per la prima e seconda dose ed i risultati sono stati positivi, addirittura in alcuni casi l'efficacia aumenta. Dunque - conclude Ciccozzi - potrebbe essere possibile utilizzare anche un vaccino diverso rispetto a quello impiegato per il primo ciclo vaccinale».
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