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Si sente parlare di trombosi in questi giorni, perché su 17 milioni di vaccinati con AstraZeneca si sono verificati 15 casi. Ma la trombosi non è una patologia sconosciuta: è la terza più comune dopo l’ischemia miocardica e l’ictus cerebrale. Si stima inoltre che all'anno, in Italia, ci siano cinquantamila casi. Inoltre, in base agli ultimi dati, la mortalità è del 32% nei casi non diagnosticati, mentre diminuisce all’8 per cento in quelli che vengono subito riconosciuti e curati.
Cos'è la trombosi
La trombosi si verifica quando c'è un trombo, ovvero un coagulo di sangue in un'arteria o in una vena. Questo può ostruire o rallentare la circolazione del sangue e arrivare in organi vitali, fino a portare alla morte. Ci possono essere due tipi di trombosi: venosa o arteriosa. Nel secondo caso bisogna stare più attenti, perché i trombi possono bloccare l’arrivo dell’ossigeno ad alcuni organi vitali e portare all'infarto del miocardio, all'ictus cerebrale o all'ischemia periferica.
Perché il Covid può formare dei trombi
Quando il corpo viene attaccato dal coronavirus, si difende attivando la risposta immunitaria e rilascia nel sangue proteine chiamate citochine infiammatorie. Se la reazione è particolarmente violenta, può portare a «una tempesta di coaguli di sangue» e quindi anche alla trombosi. Lo studio è stato effettuato da un gruppo di ricercatori del Centro Cardiologico Monzino e dell'Università degli Studi di Milano, e ha portato a scoprire che in questi casi «la terapia può essere ottimizzata inserendo l'anti-aggregante più noto e diffuso: l'acido acetilsalicilico, cioè l'Aspirina», come indiacato da Marta Brambilla, ricercatrice del Monzino.
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