«Mi è stato proposto di prestare il mio volto e di impegnarmi» per far arrivare ai ragazzi tra i 18 e i 35 anni un messaggio speciale: «Diventate...
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Admo parla ai giovani, è loro che cerca: «Bisogna coinvolgerli, e se posso sfruttare questo mio momento e questa mia immagine per arrivare ai ragazzi, perché non farlo?», ragiona Ferrara. Lui sarà il primo a dare l'esempio: a domanda precisa risponde che «sì», si farà 'tipizzarè. A convincerlo non l'esperienza di qualcuno a lui vicino. Solo il cuore. «Una necessità umana, è stata questa la spinta - dice - Se madre natura mi ha dato la salute, se posso dare una mano a pazienti che per una gran parte peraltro sono bambini, io voglio donare». Per tipizzarsi basta una goccia di sangue o di saliva, ma è un passo importante perché con le informazioni così ricavate il proprio profilo è a disposizione, pronto per essere incrociato con quello di un paziente in attesa di un dono salvavita. L'iscrizione al Registro italiano donatori fa sì che si entri in una banca dati mondiale. E da allora c'è solo da aspettare.
«Solo una persona su 100 mila» è il 'tipo giustò per chi ha lanciato il suo Sos, per chi è appeso a una speranza. È come aspettare 'l'anima gemellà. Qui però si cerca «un 'fratello geneticò», spiega la presidente di Admo, Rita Malavolta. Comunque sempre la 'metà di una melà. «Ogni anno questa ricerca viene avviata per circa 1.800-2.000 persone. Ma c'è ancora un 20% di pazienti che non trova» il cosiddetto tipo giusto. «È per loro che stiamo lavorando», sottolinea Malavolta. «E quindi più siamo e meglio è», ribadisce Ferrara. Il giovane attore promette: «Cercherò di parlare e di spiegare ai miei coetanei tutto quello che c'è da sapere. Nei giorni scorsi mi è capitato e, veramente, basta dare le informazioni corrette e i ragazzi rispondono: 'Lo voglio fare anch'iò. Su questo tema in realtà c'è molta ignoranza. Molti non sono a conoscenza neanche di come si fa a diventare donatori, c'è la convinzione diffusa che la procedura di prelievo sia invasiva. In realtà quella oggi più utilizzata lo è molto meno di quanto si immagini». Come funziona nel dettaglio lo spiega il biotecnologo Raffaele Aloe: «Il midollo osseo è costituito da cellule staminali emopoietiche, importantissime perché da queste cellule progenitrici nascono gli elementi del sangue, globuli rossi e bianchi, e piastrine. Ci sono due modalità per donare. La classica è il prelievo direttamente dalla sede naturale, dalle creste iliache, procedura che si fa in anestesia (totale o epidurale) praticando dei forellini all'altezza del bacino e aspirando il sangue midollare. Al risveglio si potrà sentire un pò di dolore (alcuni lo paragonano ai postumi di una banale caduta). Di solito il donatore viene ricoverato la sera prima, il giorno dopo fa l'intervento di circa 45 minuti e poi viene tenuto in osservazione».
La seconda modalità, prosegue Aloe, «viene negli ultimi anni molto più utilizzata ed è il prelievo tramite aferesi direttamente dal sangue periferico, dove c'è però una concentrazione molto più bassa di queste staminali, quindi bisogna stimolarle a uscire dalle ossa ed entrare in circolo, somministrando al donatore 4-5 giorni prima un fattore di crescita. Il giorno della donazione al centro trasfusionale si viene collegati a un separatore cellulare, con due accessi venosi: da un braccio il sangue entra nel macchinario che estrae le staminali, poi il resto del sangue viene reinfuso nell'altro braccio. Ci vogliono circa 3-4 ore, a ciclo continuo, e si può vedere la sacchetta riempirsi piano piano».
«Penso sia giusto mettersi a disposizione - osserva Ferrara - Io do il mio piccolo contributo per far circolare l'appello».
Il Messaggero