Prima l'antipertensivo Valsartan, lo scorso anno, poi l'antiacido ranitidina in questi giorni. Dopo due ritiri di farmaci a causa della presenza di nitrosammine, sostanze...
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Una situazione che inevitabilmente ha provocato preoccupazioni e anche qualche fake. L'Agenzia italiana del farmaco ha infatti dovuto lanciare un appello affinchè chi vuole informarsi vada sui siti ufficiali, a partire proprio da quello dell'Aifa. E l'industria si dimostra serena. «Ben vengano i controlli» ha detto il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi che ha aggiunto: «la sicurezza è più importante dell'efficacia».
E anche il farmacologo Silvio Garattini ha letto l'iniziativa come uno sforzo precauzionale. «Se sono trovate nitrosammine in uno di questi farmaci - si legge nella nota dell'Ema - i detentori dell'autorizzazione all'immissione al commercio devono informare le autorità rapidamente per poter prendere i provvedimenti regolatori più appropriati». Le nitrosammine sono classificate come un probabile cancerogeno, il che implica che l'esposizione sopra i livelli di sicurezza può aumentare il rischio di tumore a lungo termine. «Sono presenti in alcuni cibi e nell'acqua potabile - aggiunge l'Ema - e quando sono stati trovati nei farmaci il rischio di sviluppare un tumore è stato giudicato basso». I test sono stati richiesti con una nota ufficiale da parte dell'agenzia, che ha anche messo a disposizione una faq sul proprio sito. Nella nota si ricorda che già dopo il problema con il valsartan un'indagine ufficiale aveva concluso che «potenzialmente le nitrosammine possono essere trovate anche in altri principi attivi per altri farmaci, a seconda del metodo di produzione».
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In teoria, scrivono ancora gli esperti dell'Ema, le nitrosammine non dovrebbero formarsi durante la produzione della grande maggioranza dei principi attivi, fatta eccezione per quelli della stessa classe del valsartan. «Tuttavia ora sappiamo che queste impurezze si possono formare in certe condizioni e quando alcuni solventi, reagenti e altre materie prime vengono usate. Inoltre le impurezze potrebbero essere portate dall'uso di attrezzatura o reagenti contaminati». Le aziende dovranno, secondo le indicazioni dell'Ema, valutare per ogni farmaco il rischio, basandosi sulle modalità di produzione e sui reagenti utilizzati, e iniziare i test veri e propri da quelli per cui la probabilità risulta più alta. La procedura potrà prendere al massimo tre anni.
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Il Messaggero