Sei perfezionista? Allora rischi depressione, mal di testa e fatica

Sei perfezionista? Allora rischi depressione, mal di testa e fatica
Se l’eccellenza è il vostro chiodo fisso, non accettate nulla che sia un dito sotto la perfezione e tendete a rimettere mano al lavoro degli altri perché siete certi di...

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Se l’eccellenza è il vostro chiodo fisso, non accettate nulla che sia un dito sotto la perfezione e tendete a rimettere mano al lavoro degli altri perché siete certi di poterlo migliorare, siete probabilmente quel che si chiama un perfezionista. E non stupitevi, quindi, se vi viene spesso mal di stomaco, soffrite di mal di testa, dormite male o vi sentite perennemente stanchi. Una ricerca della Brook University dell’Ontario dimostra infatti che la tendenza al perfezionismo è spesso intimamente legata a disturbi di salute come depressione, fatica e problemi fisici vari.


Esaminando 492 individui tra i 24 e i 35 anni i ricercatori hanno evidenziato come i perfezionisti soffrissero di affanno, disturbi del sonno e dolori di stomaco e prendessero di conseguenza più giorni di ferie, con conseguenze sul proprio rendimento lavorativo. I danni dell’ossessione per l’eccellenza non si fermano qui: perfezionisti attenti, perché non solo ve la passate peggio degli altri fisicamente ma, in casi estremi, la paura di non raggiungere la perfezione spesso vi porta a rinviare il lavoro da fare finché non diventa troppo tardi.

Questo anche perché di chiedere aiuto, ovviamente, non se ne parla nemmeno: il perfezionista la vive come una dichiarazione di debolezza. Molto meglio, a volte, portare il lavoro a termine senza aspirare necessariamente alla perfezione: accontentatevi del vostro meglio, non sentitevi giudicati dagli altri e vivrete più sereni. Non si parla di fare le cose come capita, ovviamente. Un certo livello di perfezionismo è certamente sano ma superarlo, evidenziano i ricercatori, provoca più danni che altro e soprattutto impedisce di raggiungere la perfezione nel campo più importante: quello della salute. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero