Parkinson, anticorpi monoclonali per bloccare la malattia

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Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa progressiva più diffusa, dopo l’Alzheimer, nel mondo. Ascolta: La voce come non l'avete mai sentita. Con...

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Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa progressiva più diffusa, dopo l’Alzheimer, nel mondo.

I numeri sono in costante crescita ma sul fronte della terapia, come su quello della ricerca, ci sono notizie che fanno sperare. «Per i pazienti esistono delle buone terapie sintomatiche - spiega Fabrizio Stocchi, Direttore del Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’Irccs San Raffaele di Roma - ma la sfida vera è quella di riuscire a curarla. Noi stiamo conducendo degli studi con anticorpi monoclonali per cercare di bloccare la proteina infettante che la causa, la proteina α-sinucleina».

Sono due i trial più importanti in corso presso l’Istituto romano, uno con un anticorpo monoclonale somministrabile per via endovenosa e l’altro per via orale: entrambi vanno a bloccare la proteina quando si trasferisce da una cellula all’altra. «Per quanto riguarda il primo studio emergono segnali promettenti in merito alla buona tollerabilità del farmaco - aggiunge Stocchi - Nel corso della seconda fase infatti sono stati evidenziati elementi positivi rispetto alla sua capacità di modificare il decorso della malattia. Ora lo studio giunto alla terza fase ha l’obiettivo di dimostrare che l’anticorpo monoclonale rallenta la progressione del Parkinson».

In corso ci sono anche delle sperimentazioni per migliorare le terapie sintomatiche: i pazienti che già ne soffrono possono essere trattati meglio con dei farmaci che migliorano la somministrazione della levodopa, in maniera più continua, e altri farmaci sempre più efficaci che possono affiancare la stessa levodopa per trattare le complicanze a lungo termine come le discinesie e le fluttuazioni motorie. «La terapia - conclude il neurologo - non può dunque prescindere dall’approccio farmacologico, ma è fondamentale che quest’ultimo sia associato ad un mirato trattamento riabilitativo occupazionale, logopedico e neuromotorio che al San Raffaele diventa anche personalizzato grazie all’utilizzo di robot e tecnologie all’avanguardia». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il Messaggero