Gli antenati avrebbero poco a che fare con la nostra longevità: in una percentuale forse - secondo un nuovo studio Usa - addirittura inferiore al 10%. Ad influire quindi...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Una joint-venture tra gli esperti di statistica di Ancestry e di Calico Life Sciences (azienda creata da Google) ha sezionato gli alberi genealogici di questi 400 milioni di individui, risalendo indietro generazioni, e includendo date di nascita, di morte, luoghi e legami familiari. L' influenza della genetica in comune sulla longevità individuale è quindi stata confrontata con l' influenza sulla durata della vita tra non consanguinei: ad esempio tra sposi e persino tra cognati. «Siamo riusciti a analizzare non solo famiglie attraverso generazioni e generazioni, ma ancor più importante i dati genetici dei parenti non consanguinei», ha osservato lo scienziato della Calico, Cathy Ball.
I risultati indicano quindi che la longevità risulta a livello generale collegata al patrimonio genetico comune per meno del 10%. Se si includono i dati anche dei parenti non-consanguinei, l'influenza del Dna in comune scende addirittura al 7%. Al contrario, la durata delle vita media appare più simile tra sposi che vivono insieme una vita e tra cognati. Un dato sorprendente che secondo gli autori del rapporto, potrebbe dipendere dai cosiddetti 'accoppiamenti selettivì. Ossia alla tendenza tra fratelli e sorelle ad 'accoppiarsì con partner dello stesso 'fenotipò: ossia di etnia , gusti, cultura, abitudini di vita, simili. Il rapporto pubblicato sulla rivista specializzata 'Genetics' spiega nel dettaglio che l'influenza dei geni in comune appare più marcata solo tra fratelli, sorelle e cugini di primo grado e dello stesso sesso: in questi casi il Dna comune può influire per il 20% sulla durata della vita. Ma questa influenza scende al 15% tra fratelli, sorelle e cugini di primo grado di sesso opposto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero