Giorgio Znacovan:«Suonando l'Inno di Mameli al sassofono ho guidato la mano di chi mi asportava il tumore dal cervello»

Giorgio Znacovan:«Suonando l'Inno di Mameli al sassofono ho guidato la mano di chi mi asportava il tumore dal cervello»
Il viaggio in Italia, venti anni fa, con l’intenzione di studiare musica. Ascolta: Diabete, colesterolo, depressione: arrivano nuovi farmaci. Una guida alla buona salute ...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Il viaggio in Italia, venti anni fa, con l’intenzione di studiare musica.

La permanenza nel nostro Paese, oggi, con una speranza di vita diversa, dopo un’operazione al cervello “da sveglio” e suonando il suo amato sassofono.

Giorgio Znacovan ha 37 anni, è originario della Moldavia ma ormai italiano di adozione. Di suonare non ha mai smesso da quando è qui, nemmeno sul tavolo operatorio, passando dalle cerimonie alle serate con la sua “Formatia Favorit” che offre musica balcanica della tradizione.

E quale musica ha scelto per l’intervento?

«Quando mi è stato chiesto di suonare mentre mi operavano perché così avrebbero visto bene dove intervenire, ho scelto l’Inno di Mameli - racconta con un po’ di emozione - perché siamo in Italia e perché questo Paese mi ha dato la possibilità di fare un intervento che era considerato impossibile da molti. Poi ho intonato anche Love Story». A operare, ironia della sorte, è stato un cervello “di ritorno”: Christian Brogna, neurochirurgo che dopo anni in giro per il mondo tra Stati Uniti, Sudamerica, Turchia e dieci anni a Londra, adesso opera a Roma, al Paideia international hospital. Lì si sono conosciuti con Giorgio, lì è stato preparato ed eseguito il delicato intervento. Operato il lunedì e dimesso il giovedì, Giorgio è tornato a suonare in pubblico il sabato della settimana successiva. La storia inizia molto prima, 12 anni fa, quando per i frequenti mal di testa il musicista si sottopone a una risonanza magnetica alla testa. Spunta un “glioma di basso grado”, un tumore a lentissima crescita del cervello che ha origine dalle cellule di sostegno dei neuroni, dette gliali.

Una scoperta terribile. Cosa ha fatto?

«Mi dissero che avevo tre mesi di vita, a quel punto ho iniziato a girare l’Italia ma tutti dicevano che si trattava di un tumore non operabile e dovevo godermi la vita. Sono andato avanti, sono nati i miei figli Giorgia e Francesco, il mal di testa rispondeva ai normali antidolorifici. Poi a dicembre dello scorso anno la risonanza ha mostrato un aumento di 2 centimetri del glioma, rischiavo di compromettere funzioni della mobilità articolare e del linguaggio».

 

E poteva essere operato stavolta?

«Sì, ma io avevo paura di restare sotto i ferri, di essere addormentato e non svegliarmi più».

Come è arrivato a scoprire che era possibile farlo da sveglio?

«Con il passaparola, un amico in comune mi ha suggerito il dottor Brogna, l’unico a dirmi che si poteva fare l’intervento anche da sveglio».

Come si è sentito quando è entrato in sala operatoria?

«Ero tranquillissimo, mai avuto dubbi su quello che andavo a fare, il fatto di poter suonare e guidare l’équipe mi ha dato maggiore forza, avrei fatto quello che mi piace in un momento delicato della mia vita».

Paura di non farcela?

«Mai, anzi il mio messaggio è che si può essere operati da svegli in tutta tranquillità».

È il neurochirurgo Christian Brogna a spiegare bene il perché di questo intervento: «Non sarei mai intervenuto addormentandolo perché insieme all’équipe non avremmo potuto testare il linguaggio, gli aspetti neurocognitivi, la memoria. Farlo suonare durante l’operazione è servito a indicare dove si potesse intervenire e dove non a seconda dell’afflusso di sangue. Il tutto di fronte agli 85 miliardi di neuroni e al trilione di connessioni del cervello “visibili” grazie a un’anestesia locale su specifici blocchi nervosi e sulla parte da incidere. Il cervello, di suo, non ha recettori del dolore». Il rapporto con il suonatore è stata fondamentale. «Le confesso: abbiamo dovuto imparare gli spartiti per capire se Giorgio stesse sbagliando». Ma tutta l’équipe - dall’aiuto neurochirurgo Antonella Bua al neuroanestesista Filomena Musolino, dalla neuropsicologa Federica Rizza alla neurofisiologa Nada Ibrahim - ha fatto una preparazione ad hoc. «Era importante sapere chi fosse e cosa facesse, in cosa eccellesse, le sue aspettative - continua il dottor Brogna - Durante l’operazione dovevamo rispettare gli “hub” e le connessioni che di volta in volta, a seconda di quello che diceva o suonava Giorgio, si presentavano ai nostri occhi». E il risultato è stato l’asportazione totale del tumore. «Si è lasciato intatto il paziente che era l’obiettivo iniziale e deve essere quello di chi interviene, sempre. Non ci sono operazioni di routine, ma casi più o meno complessi e tu devi sempre pensare di fare il meglio per chi stai operando, ciascuno dei quali è diverso e deve avere il massimo possibile in quel momento».

E ora a un mese dall’operazione come è cambiata la sua vita?

«So che il tumore non c’è più e sono grato a chi mi ha operato, ho scelto di prendere più tempo per la famiglia, accompagno i figli a scuola, discuto con mia moglie, suono e se mai Dio dovesse darmi un’altra prova da affrontare, mi farei operare solo da sveglio».

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero