Covid, come sarà il 2021? Gli scienziati: restrizioni fino all'anno successivo

ROMA Non sarà un 2021 facile. Tutt'altro. Al netto di vaccini e riaperture infatti, è decisamente presto per cantare vittoria. A sottolinearlo ieri sono stati...

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ROMA Non sarà un 2021 facile. Tutt'altro. Al netto di vaccini e riaperture infatti, è decisamente presto per cantare vittoria. A sottolinearlo ieri sono stati sia gli scienziati che stanno seguendo da vicino la pandemia sia il premier Giuseppe Conte che, nel corso del consueto appuntamento di fine anno con la stampa, ha ribadito che «lo stato di emergenza» per il Covid «sarà prorogato sino a quando sarà necessario per mantenere i presidi di protezione civile e tutti i presidi che ci consentono di gestire l'emergenza, dando poteri ai soggetti attuatori».


Gli esperti


L'arrivo del vaccino anti-Covid in Italia quindi, non è ancora un buon motivo per lasciarsi alle spalle mascherine e distanziamento. L'inizio della campagna di immunizzazione «non deve significare una riduzione delle misure che fino ad oggi abbiamo seguito» ha spiegato ieri Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza e professore di Igiene all'Università Cattolica. Bisognerà tenere duro «almeno fino a quando non avremo raggiunto l'immunità di popolazione» e «quindi per buona parte del 2021».


Dello stesso avviso anche Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Inmi Spallanzani di Roma. «Non possiamo pensare che torneremo ai sistemi come erano prima». Il contagio «continuerà a tenerci compagnia almeno fino al primo trimestre del 2022, quando finiranno le vaccinazioni», ha poi aggiunto ricordando che «la percentuale di decessi di questa malattia è 3 volte più alta dell'influenza, abbiamo il doppio dei ricoveri in terapia intensiva e mentre l'influenza può essere gestita a casa, per Sars-CoV-2 abbiamo avuto bisogno di molti posti letto in ospedale».


ANNUS HORRIBILIS


E proprio sui decessi causati dall'esplosione della pandemia, ieri l'Istat e l'Iss (Istituto Superiore di Sanità) hanno pubblicato un report sull'incidenza del Covid nella mortalità in Italia. Tra febbraio e novembre dell'anno in via di conclusione, le morti sono state 84mila, in aumento rispetto alla media del 2015-2019.


Ben 57.647 decessi, cioè il 69% del totale, sono stati di persone positive al Covid-19. Mentre le morti ascrivibili esclusivamente al Sars-CoV2 sono il 9,5% del totale. «Durante la prima ondata epidemica (febbraio-maggio) questa quota è stata del 13% - si legge - mentre nella seconda ondata il contributo complessivo dei decessi Covid-19 è passato al 16% a livello nazionale». Se si considerano i contributi per fasce di età la mortalità per Covid-19 ha «contribuito al 4% della mortalità generale nella classe 0-49 anni, all'8% nella classe 50-64 anni, all'11% nella classe 65-79 anni e all'8% negli over 80». Da segnalare come tra gli under 50 la mortalità nel 2020 sia risultata inferiore alla media dei 4 anni precedenti. Un dato esplicabile non solo con la minore letalità dell'epidemia al di sotto dei 50 anni, ma anche con la riduzione della mortalità per cause accidentali dovuta a lockdown, blocco della mobilità e delle attività produttive.


Intanto i dati di ieri prolungano il trend registrato nei giorni scorsi: aumentano i nuovi casi (16.202) in virtù dell'aumento dei tamponi (169.045) che, va sottolineato, restano ancora decisamente pochi. Nelle ultime 24 ore diminuiscono anche in maniera significativa i decessi (575 contro 659 di martedì), ma i dati del 29 dicembre erano drogati da un ritardo nella comunicazione delle morti da parte di alcune regioni. Sostanziale stabilità anche tra i ricoverati in terapia intensiva che sono stati 21 in meno (totale di 2.528). In lieve calo quelli nei reparti ordinari, diminuiti di 96 unità, per un totale di 23.566. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero