Covid, sì all’allattamento da madre positiva

Di loro, durante la pandemia, non si sente mai parlare. E loro, non alzano mai la voce per farsi sentire. Il silenzio si rivela una forma di straordinario rispetto verso la...

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Di loro, durante la pandemia, non si sente mai parlare. E loro, non alzano mai la voce per farsi sentire. Il silenzio si rivela una forma di straordinario rispetto verso la particolare condizione che stanno vivendo. Sono le donne in gravidanza mentre il Covid continua a contagiare. 


Una simile situazione, ovviamente, non significa non aver paura o passare i nove mesi creandosi un universo parallelo. Non è possibile. In realtà, dall’inizio dell’emergenza, ginecologi, neonatologi e pediatri di tutto il mondo hanno iniziato a scambiarsi informazioni per salvaguardare la salute della donna e del suo bambino. Per salvaguardare la loro relazione al momento della nascita (anche se la madre è positiva) e, soprattutto, l’allattamento. Da non abbandonare neppure se la mamma è entrata in contatto con il virus.


I COMPORTAMENTI
La letteratura scientifica, da marzo a oggi, ha prodotto abbastanza per poter rassicurare le signore e dar loro indicazioni sui comportamenti sicuri. Nei giorni scorsi, online, un summit tra esperti di tutto il mondo, Stati Uniti, Brasile, Norvegia, Inghilterra, Germania, Spagna e Italia. Focus su Covid e medicina perinatale e neonatale. Oltre 700 partecipanti, 92 Paesi collegati. Ad organizzare l’evento la UENPS (Union of the european neonatal and perinatal societies) con IPoKRaTES, la Società italiana di neonatologia, Unitelma dell’università Sapienza di Roma e MCA di Milano.


«Abbiamo voluto fare il punto e ribadire le linee guida per proteggere nel migliore dei modi e, senza pregiudizi, sia madre che figlio», spiega Corrado Moretti Emeritus Consultant in Pediatria all’università Sapienza di Roma e president dell’UENPS. Va ricordato che la gravidanza non rappresenta un fattore di rischio per l’infezione, non sono state rilevate complicanze se la donna diventa positiva. Non è necessario il parto cesareo. La trasmissione tra i due è rara durante i mesi della gravidanza. Su cento mamme positive possiamo dire che solo due bambini risultano positivi e stanno bene». 


Un dato è stato sottolineato da tutti gli esperti: le donne che hanno contratto il virus presentano un rischio maggior di mettere al mondo un figlio prematuro. I dati ci dicono che i bambini, seguiti nelle neonatologie, hanno superato ogni tipo di problema. Su un punto gli specialisti si sono confrontati con strategie preventive differenti: dopo la nascita, se la mamma è positiva, separare i due o fare di tutto per tenerli vicini e far iniziare come si deve il loro rapporto?


IMMUNITÀ
«Le mamme italiane positive possono allattare tranquille, se ne hanno il desiderio e la forza - fa sapere Riccardo Davanzo Neonatologo-pediatra dell’Istituto Materno Infantile, Burlo Garofolo, Trieste - Negli Stati Uniti è inizialmente prevalsa la linea della separatezza, da noi si predilige di lasciarli vicini con tutte le attenzioni del caso. Dal distanziamento, alla mascherina, al lavaggio continuo delle mani. Il latte non trasmette il virus, piuttosto regala una buona copertura immunitaria al bambino. Ovviamente la madre deve utilizzare tutte le dovute cautele. Se impediamo l’allattamento togliamo al piccolo un voucher di salute. Ribadita la sicurezza diamo alla madre la possibilità di iniziare con tranquillità la sua nuova esperienza».


Nel caso in cui la donna stia veramente male con febbre alta e/o serie difficoltà respiratorie, ovviamente mamma e figlio anche da noi vengono separati finché la madre non è in grado di prendersi cura del neonato. «Anche se il bambino dovesse nascere positivo - aggiunge Moretti - si negativizza in poco tempo. Questi mesi ci hanno permesso di avere un buon bagaglio di informazioni. Per questo, attraverso i nostri incontri internazionali online, le stiamo diffondendo nel mondo. Per raggiungere anche quelle zone che hanno una drammatica difficoltà ad aggiornarsi e a prendere decisioni secondo le vie più sicure».
 

 

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Il Messaggero