Covid19, il virologo Maga: «L’epidemia può finire a giugno, rimarrà il rischio di nuovi casi»

«Stiamo iniziando a intravedere l’uscita, ma non è ancora arrivato il momento di mollare la presa. Rassegniamoci quindi a trascorrere la Pasquetta a casa e...

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«Stiamo iniziando a intravedere l’uscita, ma non è ancora arrivato il momento di mollare la presa. Rassegniamoci quindi a trascorrere la Pasquetta a casa e invece di una gita, facciamo una bella partita a monopoli in casa». E’ ottimista, ma ancora molto prudente, Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia. «E’ vero che la situazione sembra stia migliorando, ma non così tanto da pensare che siamo pronti a entrare nella fase 2».


Professore, quando arriverà finalmente un calo considerato consistente che ci permetterà di prendere in mano, seppur parzialmente, le nostre vite? 
«Anche se la curva dei nuovi contagi sta scendendo, così come quella dei ricoveri, specialmente quelli in terapia intensiva, siamo ancora di fronte a numeri troppo alti per pensare di poter mollare la presa. Stiamo andando bene, certo. Ma non così tanto. La fine è ancora lontana». 

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Ci sono regioni che stanno andando meglio delle altre? 
«Diciamo che la situazione sembra stia migliorando o si stia stabilizzando in quasi tutte le regioni. Certo, il numero dei decessi e dei nuovi casi di contagio in quelle più colpite - Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana - è ancora tragicamente elevato. Al Centro Sud non sembrano esserci situazioni particolarmente critiche. Le cose vanno meglio anche nel Lazio. Poi ci sono regioni come il Molise in cui i casi sono davvero pochissimi. È quindi evidente che c’è una grande variabilità tra una regione e l’altra».

Non possiamo quindi iniziare a ripartire nelle regioni meno colpite dall’epidemia? 
«Bisogna essere molto prudenti su questo. La chiusura di tutto il paese ha come scopo evitare che ciò che è capitato al Nord, in particolare in Lombardia, si replichi al Sud. Dobbiamo fare di tutto per proteggere queste regioni, specialmente quelle dove la situazione sanitaria è notoriamente più delicata. Detto questo è davvero molto probabile che la fase 2 inizierà prima in alcune regioni, quelle meno colpite, rispetto ad altre». 

Cosa possiamo aspettarci realisticamente? 
«È inutile fare troppe ipotesi sulle date. I segnali positivi ci sono, ma non sono omogenei geograficamente e neanche in termini quantitativi. Serviranno ancora alcuni giorni per vedere un assestamento più omogeneo. La fase 2 potrà essere impostata solo quando sarà chiaro che tutte le regioni sono in regressione di epidemia e i livelli di circolazione del virus saranno così bassi da consentire di abbassare il livello di rischio». 

Non abbiamo proprio idea di quando finirà questa emergenza? 
«Una stima molto precisa della fondazione Gimbe di Nino Cartabellotta stima l’esaurimento dell’epidemia ai primi di giugno. Potremmo quindi ipotizzare che in alcune zone, su base quindi locale e sempre tenendo conto dell’epidemiologia, ci possano essere dei graduali cambiamenti nelle misure già verso la metà di maggio. Ma tutto dovrà avvenire con la massima sorveglianza. Dovremo essere pronti in caso scoppino eventuali nuovi focolai».

È reale il pericolo di una seconda ondata?
«Certo e noi dovremo evitare proprio questo. E lo possiamo fare solo se terremo una sorveglianza alta e solo se riusciremo subito a isolare eventuali nuovi focolai».

 


   
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Il Messaggero