Il farmaco normalmente usato per curare l’artrite reumatoide sperimentato sui casi di coronavirus a Napoli, gli anti virali per Hiv ed Ebola che hanno dato buoni risultati...
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Partiamo dall’antireumatoide di cui si è molto parlato in questi giorni: la sperimentazione del farmaco Tocilizumab contro la polmonite interstiziale da Covid è stata autorizzata dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Spiega Paolo Ascierto, direttore della Struttura Complessa Melanoma e Terapie Innovative dell’istituto dei tumori di Napoli che per primo in Italia, insieme con gli altri ricercatori del polo oncologico partenopeo, ha sperimentato il farmaco su 11 pazienti: «L’Aifa ha fatto un lavoro eccezionale rispondendo con grande rapidità a quello che speriamo posso diventare uno studio clinico in grado di contrastare le complicanze polmonari da Covid 19 e quindi decongestionare le terapie intensive». Il farmaco, spiegano gli esperti, di fatto ha l’effetto di ridurre l’infiammazione.
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Discorso differenti quello dei antivirali, che fin da subito sono stati utilizzati allo Spallanzani per la terapia sui primi due pazienti cinesi: Lopinavir/Ritonavir e Remdesivir. Fino ad oggi venivano usati per Hiv e per Ebola. Dice il professor Enzo Tramontano, alla guida di un team di virologi di Cagliari che, con i colleghi dello Spallanzani e dell’Università di Lovanio è al lavoro per sviluppare dei farmaci antivirali per la contro il Covid-19: «Difficile ipotizzare una tempistica precisa, ma diciamo che se tutte le fasi vanno bene da subito, in qualche mese dovremmo avere il farmaco anti coronavirus».
In Cina da subito si è lavorato sull’utilizzo del plasma dei pazienti guariti da coronavirus e questa strada viene battuta anche a Mantova e Pavia. Spiega il direttore del Servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, Massimo Franchini: «Il plasma prelevato contiene alte concentrazioni di anticorpi in grado di distruggere il virus. Questo tipo di terapia, già impiegata ad esempio per Sars ed Ebola, è al vaglio anche per il nuovo coronavirus».
Altri filoni di ricerca: a Marsiglia l’infettivologo Didier Raoult dell’istituto Méditerranée Infection punta sulla clorichina, vale a dire un anti malarico: tre quarti di 24 pazienti non erano più positivi al virus dopo sei giorni di somministrazione del farmaco. Ma secondo la comunità scientifica è un campione troppo esiguo per arrivare a conclusioni. Infine, un gruppo di dieci ricercatori dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam e dell’Utrecht University sta lavorando su un farmaco specifico per curare Covid-19: si tratta di un anticorpo monoclonale, ma «prima di poter essere commercializzato l’anticorpo deve attraversare una fase di sviluppo lunga ed essere testato per le proprietà tossicologiche. Questo processo è ora in corso», dice Frank Grosveld, del gruppo di ricerca. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero