Cellulare “baby sitter” già a 2 anni, per evitare i capricci e sedare anche i bambini più irrequieti. È sempre più diffusa l'abitudine...
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«Anche durante la visita dal pediatra i genitori danno spesso ai piccoli il loro smartphone per parlare con il medico senza interferenze. Persino orgogliosi della precoce 'competenzà nell'uso. Nella maggior parte dei casi, però, mamma e papà ignorano gli effetti collaterali sullo sviluppo neuropsicologico e non considerano i rischi di favorire stili di vita dannosi», spiega Elena Bozzola, segretaria nazionale della Società italiana di pediatria (Sip) che ha approfondito il tema con due studi: uno sui piccolissimi fino a 8 anni, già pubblicato sulla rivista della Sip (Italian Journal of Pediatrics) alcuni mesi fa; uno sugli adolescenti che sarà presentato a settembre.
«Il cellulare viene ormai percepito come un oggetto 'neutrò, senza rischi - precisa la pediatra -viene dato nelle mani dei più piccoli con estrema facilità, usato come 'pacificatorè. E i genitori vedono solo il lato positivo. Non riescono a comprendere i lati negativi. E non parliamo delle onde elettromagnetiche, ma degli effetti sullo sviluppo e sullo stile di vita accertati. A cominciare dal fatto che il bambino, in questo modo, se non controllato da un adulto, può accedere a programmi e immagini, quelle violente ad esempio, non adatte alla sua età. Ma anche mangiare in maniera inconsapevole mentre guarda lo schermo e non sviluppare correttamente le relazioni interpersonali». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero