Carlo Flamigni, morto il ginecologo padre della fecondazione assistita

Carlo Flamigni, morto il ginecologo padre della fecondazione assistita
Addio a Carlo Flamigni, 87 anni, “padre della fecondazione assistita”. Il professore di Ostetricia e Ginecologia dell'università di Bologna dal '94 al...

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Addio a Carlo Flamigni, 87 anni, “padre della fecondazione assistita”. Il professore di Ostetricia e Ginecologia dell'università di Bologna dal '94 al 2001 e già membro del Comitato nazionale di Bioetica  è morto nella sua casa di Forlì, Come annuncia su Facebook il figlio Carlo Andrea: «Ciao papà,  speravo che questo momento non arrivasse mai, il dolore  è grande almeno quando il bene che ti ho voluto...ma un giorno ci rivedremo prof».

 

Ciao papa' , speravo che questo momento non arrivasse mai, il dolore è grande almeno quanto il bene che ti ho...

Pubblicato da Carlo Andrea Flamigni su Domenica 5 luglio 2020


Fin dagli anni Ottanta ha iniziato a lavorare, nel pubblico, sulle tecniche di fecondazione assistita ed ha preso parte in modo attivo al dibattito in Italia ai tempi dell'approvazione della legge 40 (procreazione assistita) approvata nel 2004. Oltre mille le pubblicazioni scientifivche alle quali aggiungere monografi e libri di divulgazione. Proprio alla diffusione della conoscenza del tema dell'infertilità ha dedicato gran parte delle sue energie. Basandosi, oltre che sulla conoscenza medico-scientifica, sul dolore, i dubbi e le frustrazioni delle coppie che chiedevano aiuto. Parlavano soprattuttto dei dolori e dei dubbi, infatti. Dei successi lasciava parlare i numeri.
Invitava le famiglie a cambiare continuamente centri per non sottoporsi ad un faticoso e, spesso, diceva, inutile cammino.
«Temi di ricerca degli ultimi anni: la contraccezione maschile; le tecniche di fecondazione assistita; i problemi della bioetica e dell'etica medica.  Se gli si chievano quanti bambini ha fatto nascere rispondeva di guardare le pubblicazioni e i report. «Abbandonare un centro di fecondazione assistita perché nessuno ti ha parlato, ti sei sentito un numero sarebbe giusto. Se io andassi da un medico che guarda continuamente l'orologio uscirei dalla stanza senza neppure spiegare perché»


La sua vita da ricercatore è stata spesso in salita, attaccata da questioni sia scientifiche che etiche. Raccontava non troppi anni fa: «Nell' 87 un embrione attacchì in un “utero esterno”. Mi sembrò di essere andato oltre e mi fermai. Ma a distanza di tempo, vista l'evoluzione delle tecniche, provo un senso di rammarico e frustrazione nell'essermi fermato». Si è battuto per i diritti delle donne, era un grande paladino della laicità. Uno scienziato, quando si parlava con lui questo era chiaro, che amava sempre mostrare il professore e l'uomo. Spesso il padre. E diceva: «Non conta la genetica, ma chi cresce il bambino». Negli ultimi anni aveva orientato la sua ricerca anche sulla contraccezione per gli uomini. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero