Bambino Gesù compie 150 anni, il presidente Enoc: «Una cura per ogni malattia, il nostro sogno per il futuro»

Bambino Gesù compie 150 anni, il presidente Enoc: «Una cura per ogni malattia, il nostro sogno per il futuro»
Mariella Enoc, presidente dell'ospedale Bambino Gesù. Qual è il significato dell'anniversario dei 150 anni di storia dell'istituto? ...

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Mariella Enoc, presidente dell'ospedale Bambino Gesù. Qual è il significato dell'anniversario dei 150 anni di storia dell'istituto?

«L'importanza è nel segnare una data che, nel ricordo della fondazione dell'opera, ci proietti verso il futuro. Parliamo di una storia di bambini, del desiderio di guardare avanti, non dimenticando però le nostre radici. Da dove è nata quest'opera, che cosa è stata, e quello che in questi 150 anni è diventata. Soprattutto dobbiamo pensare a quello che diventerà nei prossimi anni perché è questa la grande sfida. L'obiettivo di sempre è far scomparire le malattie che colpiscono i bambini, trovando un nome e una cura a quelle che non ancora la hanno».

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Come si programma il futuro di un ospedale come il Bambino Gesù, tenendo conto della rapidità dei cambiamenti della medicina e della scienza in genere?
«La scienza e la medicina cambiano in modo rapidissimo. Per questo stiamo pensando a dare al Bambino Gesù gli spazi necessari, perché vi possa essere sempre più la possibilità di ricoverare e assistere i bambini che ne hanno bisogno. Dobbiamo fare lavorare sempre più vicine la ricerca e la clinica. Attualmente sono separate tra di loro. Speriamo, almeno per alcuni laboratori, di poterli avvicinare alla clinica».

Si parla di nuove strutture?
«Oltre all'ampliamento della sede di Palidoro e alla struttura per le cure palliative che dovrebbe essere conclusa entro quest'anno, pensiamo a un edificio nuovo per l'istituto dei tumori e dei trapianti pediatrici. In questo modo possiamo recuperare spazi al Gianicolo, per fare in modo che, come dicevo prima, davvero scienza e clinica possano lavorare a stretto contatto. Questo è il desiderio, il sogno, per i prossimi anni. Il terreno è già stato individuato, in viale di Villa Pamphilj. Quella del Gianicolo è una sede prestigiosa, ma purtroppo a volte gli spazi non sono sufficienti».

In che modo l'ospedale Bambino Gesù è diventato un centro di eccellenza e un punto di riferimento, anche sul fronte della ricerca, a livello non solo europeo, ma mondiale?
«L'ospedale ha molto creduto nella scienza. C'è stata una grande attenzione negli investimenti sulla ricerca. C'è stata la capacità di avere personalità scientifiche straordinarie e molto capaci. Ma vorrei dire anche che si è puntato molto sui giovani, abbiamo 430 ricercatori. Prima ero a San Paolo, vedevo tutti questi giovani impegnati e allora ho pensato che il nostro ospedale ha davvero un grande futuro».

I cittadini romani vi vedono come un punto di riferimento irrinunciabile.
«Il nostro sembra che sia l'unico pronto soccorso pediatrico. Siamo arrivati a punte di 280 accessi al giorno e mi riferisco solo alla sede del Gianicolo. Si regge a un urto di questo tipo con una buona organizzazione, anche nei momenti di picco abbiamo chiamato più pediatri, che si sono resi disponibili, e abbiamo aperto più ambulatori. Più in generale l'impegno massimo dei nostri medici e i nostri infermieri è stato fondamentale, il buon clima che c'è in ospedale è stato decisivo».

Si è parlato molto del caso del piccolo Alex, ma ovviamente è solo uno dei tanti a cui avete dato una risposta.
«Certamente. Sta andando avanti la ricerca sulle malattie rare genetiche, da un mese circa abbiamo un sequenziatore, uno strumento con cui possiamo fare un test molto rapido che ci permette di dare risposte per 50 malattie differenti. Il test si fa al bambino, ma anche ai genitori. Il nostro ospedale sulla malattie rare genetiche non si limita solo a fare la diagnosi, ma anche a cercare le cure conseguenti».

C'è una vasta attività anche fuori dall'Italia.

«È vero, vogliamo portare il nostro sapere anche in altri paesi. Siamo presenti in Africa, ma ad esempio anche in Cina. E presto attiveremo un progetto di formazione di medici in Corea del Sud ma anche in Corea del Nord».
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Il Messaggero