L’Apocalisse da maltempo: il rito amaro della Capitale

L’Apocalisse da maltempo: il rito amaro della Capitale
Tema: Quando piove su Roma. Svolgimento: ed è subito Apocalisse. Questo è il triste copione dopo ogni temporale e gli acquazzoni dell’altra notte, cinquanta...

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Tema: Quando piove su Roma. Svolgimento: ed è subito Apocalisse. Questo è il triste copione dopo ogni temporale e gli acquazzoni dell’altra notte, cinquanta millimetri d’acqua in poche ore, non fanno eccezione. Il rito amaro della Capitale in ginocchio si è rinnovato in tutte le sue dimensioni e modalità: strade allagate, sottopassi inagibili, stazioni metro chiuse, alberi caduti, caditoie intasate. La città si è svegliata dopo una notte di tuoni e fulmini ed acqua a catinelle e ha scoperto ciò che temeva per esperienza: la paralisi da allagamento diffuso, l’infarto della viabilità, l’assoluta precarietà negli spostamenti.

Non possiamo rassegnarci a considerare fisiologico un disastro che si compie ogni volta che il meteo non ci è amico. Non possiamo arrenderci di fronte a un blocco generalizzato delle attività connesse agli spostamenti, vale a dire la linfa vitale dell’economia. Ci deve pur essere una politica della prevenzione dei disastri annunciati e ripetuti, a disco rotto, che si abbattono su tutto e su tutti. I danni, va da sé, sono incalcolabili, in qualche caso permanenti. Resta la domanda di fondo: davvero tutto ciò va considerato inevitabile, prevedibile e tuttavia irrisolvibile? Sul serio la Capitale deve accettare la pioggia, da allerta gialla, come evento ineluttabile verso il quale si dispiegano solo gli scongiuri? No, questo no. Aspiriamo all’Expo 2030, vetrina del mondo: quanti allagamenti dovremo ancora prosciugare per esserne degni?

 

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Il Messaggero