Un nuovo tassello si aggiunge al giallo dell'estate, e consegna agli inquirenti un'ultima certezza: Gabriele Di Ponto, il pregiudicato ultrà della Lazio scomparso...
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LE IPOTESI
L'ipotesi è che il cadavere, non ancora individuato, sia stato fatto a pezzi dopo il delitto e poi buttato nelle acque tra San Basilio e Ponte Mammolo. Il piede mozzato è affiorato due settimane fa lungo l'argine del fiume che si trova tra l'Acqua Acetosa e la confluenza con il Tevere. Nel frattempo, gli uomini della Squadra Mobile guidati da Luigi Silipo continuano a scavare nel passato di Di Ponto. Una delle piste più solide è che il laziale, 36 anni, fosse invischiato nel mondo dello spaccio con base tra San Basilio e La Rustica, e che possa aver compiuto uno sgarro. La fedina penale dell'ultrà, infatti, è appesantita da molti precedenti per rapina e per droga. Non è però escluso che l'uccisione sia stata l'epilogo di una vendetta personale, messa a segno da qualcuno che la vittima conosceva e che aveva forti motivi di rancore nei suoi confronti.
Di Ponto è scomparso il 24 luglio, data dell'ultimo post su Facebook: “Meglio in cella, in silenzio, che a fare l'infame”, scriveva. E ancora: “Meglio la vita in quattro mura, che fare il cantante in Questura”. In carcere, il trentaseienne c'era già stato a lungo: nel 2008 era stato arrestato a Guidonia con l'accusa di essere un rapinatore di farmacie. Tifosissimo della Lazio, aveva tatuati sul piede sinistro i “mantra” degli ultrà della Curva Nord: “SS Lazio irriducibili”, e il pupazzetto mascotte Mister Enrich. Sono stati proprio i tatuaggi a consentire una prima identificazione. «Quando mi hanno detto dei tatuaggi sul piede, ho capito: era lui», ha raccontato l'ex moglie della vittima, una ventiquattrenne italotunisina con cui Di Ponto era stato sposato per un mese soltanto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero