Ultrà prima ucciso poi fatto a pezzi. Ora è caccia ai suoi resti

Ultrà prima ucciso poi fatto a pezzi. Ora è caccia ai suoi resti
di Michela Allegri
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Agosto 2015, 05:58 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 08:46

Un nuovo tassello si aggiunge al giallo dell'estate, e consegna agli inquirenti un'ultima certezza: Gabriele Di Ponto, il pregiudicato ultrà della Lazio scomparso alla fine di luglio e di cui gli investigatori hanno ritrovato solo un piede, riaffiorato l'11 agosto lungo gli argini dell'Aniene, è stato prima ucciso e poi fatto a pezzi, probabilmente per far sparire il cadavere. Cade quindi del tutto la possibilità, sempre considerata remota, che il tifoso sia ancora vivo. A confermare l'ipotesi di omicidio volontario, già contestata nel fascicolo aperto dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e dal pm Giorgio Orano, sono i risultati degli esami istologici effettuati sull'arto amputato, che sarebbe stato tranciato con una motosega. Dagli accertamenti, condotti dal medico legale Fidelia Cascini, emerge che il troncone di gamba sarebbe stato tagliato dopo la morte della vittima. Per i risultati degli esami tossicologici, invece, sarà necessario attendere.







LE IPOTESI

L'ipotesi è che il cadavere, non ancora individuato, sia stato fatto a pezzi dopo il delitto e poi buttato nelle acque tra San Basilio e Ponte Mammolo. Il piede mozzato è affiorato due settimane fa lungo l'argine del fiume che si trova tra l'Acqua Acetosa e la confluenza con il Tevere. Nel frattempo, gli uomini della Squadra Mobile guidati da Luigi Silipo continuano a scavare nel passato di Di Ponto. Una delle piste più solide è che il laziale, 36 anni, fosse invischiato nel mondo dello spaccio con base tra San Basilio e La Rustica, e che possa aver compiuto uno sgarro. La fedina penale dell'ultrà, infatti, è appesantita da molti precedenti per rapina e per droga. Non è però escluso che l'uccisione sia stata l'epilogo di una vendetta personale, messa a segno da qualcuno che la vittima conosceva e che aveva forti motivi di rancore nei suoi confronti.



Di Ponto è scomparso il 24 luglio, data dell'ultimo post su Facebook: “Meglio in cella, in silenzio, che a fare l'infame”, scriveva. E ancora: “Meglio la vita in quattro mura, che fare il cantante in Questura”. In carcere, il trentaseienne c'era già stato a lungo: nel 2008 era stato arrestato a Guidonia con l'accusa di essere un rapinatore di farmacie. Tifosissimo della Lazio, aveva tatuati sul piede sinistro i “mantra” degli ultrà della Curva Nord: “SS Lazio irriducibili”, e il pupazzetto mascotte Mister Enrich. Sono stati proprio i tatuaggi a consentire una prima identificazione. «Quando mi hanno detto dei tatuaggi sul piede, ho capito: era lui», ha raccontato l'ex moglie della vittima, una ventiquattrenne italotunisina con cui Di Ponto era stato sposato per un mese soltanto.