Roma, il pianto della piccola Martina «E ora con chi gioco al parco?»

Roma, il pianto della piccola Martina «E ora con chi gioco al parco?»
«Ma lui era mio amico..», singhiozza Martina perché non si può perdere un amico a quattro anni. Non c'è un dio per i bambini e ”lassù“ non significa ancora nulla, il...

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«Ma lui era mio amico..», singhiozza Martina perché non si può perdere un amico a quattro anni. Non c'è un dio per i bambini e ”lassù“ non significa ancora nulla, il cielo è soltanto cielo. Lei sa solo che Marco non c'è più. E chissà dove è adesso, in un parco irraggiungibile a giocare, come facevano insieme a Villa Lazzaroni, a riposare tra gli angeli come ha scritto mamma sul biglietto lasciato davanti all'ascensore di Furio Camillo, oppure è ancora in fondo a quel buco nero che lei intravede appena dietro i vetri. «Io voglio giocare con lui. Perché non posso?», si stringe alla mamma, la piccola Martina, allontanando i capelli biondi dalle lacrime.




«Ma tu gli hai regalato una macchinina, adesso sarà contento e ti manderà un bacio da lontano». Lei ha capito in questa mattina calda e cattiva che lontano vuol dire mai più e non c'è parola che possa fermare il pianto. «No, mamma. Io voglio il mio amico. Mi mancherà. Io lo voglio vedere ancora. E adesso con chi gioco al parco?». La mamma non sa che dire e piange mentre accarezza la figlia con una mano e con l'altra spinge il passeggino dove il fratellino piccolo dorme.



LA VILLA «Marco lo incontravamo quasi tutti i pomeriggi a villa Lazzaroni, lo portava lì la madre. E lui giocava con Martina, un bambino sveglio e allegro. Un tesoro». E gira lo sguardo altrove, per nascondere le lacrime alla figlia. Tornando a casa per il pranzo, si sono fermati lì a lasciare un pensiero. Un biglietto protetto dalla plastica con due palloncini celesti e uno bianco. «Riposa in pace piccolo angelo.



Un abbraccio alla mamma e alla tua famiglia», e due cuoricini rossi. Martina ha voluto aiutare la madre a tagliare il nastro adesivo e a incollare il bigliettino sul vetro. Poi ha poggiato a terra, con gesti posati, una macchinetta rossa attaccata a un altro palloncino, il suo regalo per l'amico. Ha provato a fare come i grandi, ma al momento di andar via è tornata ai suoi quattro anni. Questo addio faceva troppo male e Martina si è abbandonata al suo dolore di bambina. «La mamma lo doveva tenere in braccio, così», come fa lei con le bambole. «Se lo faceva Marco non cadeva e oggi lo vedevo ancora».



I PUPAZZI Winnie The Pooh, un Puffo, orsetti grandi e piccoli, tante macchinette rosse, una con la scritta «curva sud». Accanto all'ascensore che ormai è un altare, chiunque passa lascia un fiore, un regalino per Marco, un pensiero. Un'ambulanza accosta, quattro operatori del 118 si fermano a pregare. Sul muretto di marmo si consumano ceri di Padre Pio, tante caramelle lasciate lì insieme a pupazzetti e una pallina di gomma. E poi gigli, garofani bianci, girasoli. «Un maschietto di 4 anni è un bambolotto», si commuove un nonno. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero